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Vito Piazza

Ricordo ancora la prima volta che, da bambino, vidi le tende rosse ed i pavimento della Loggia Nera. Terrore e attrazione si mescolavano, tramutandosi nel tempo in una specie di parafilia. La malattia si è aggravata a causa di intere filmografie sciroppate durante notti insonni: Haneke, Murnau, Von Trier, Scorsese, Moretti, Sorrentino, Noé, Ozu e Ki-duk. Scene analizzate al microscopio, film visti non meno di tre volte. È a causa di questi mentori inconsapevoli se oggi mi occupo (indegnamente) di critica cinematografica, se penso e vivo di cinema da mattina a sera, se immagino riprese e inquadrature anche mentre cammino per strade grigie e monotone. Probabilmente quel bambino è rimasto imprigionato nella Stanza Rossa, ma di certo non ha più intenzione di uscirne. Fra le poche certezze, l’unica, vera ed incrollabile è che, come diceva il Maestro: «Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato»

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