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Locandina di Venezia 76

Venezia 76

A Venezia 76 il “J’Accuse” di Roman Polanski alza di colpo il livello dei film in Concorso

Le nostre opinioni su J’Accuse, Il Sindaco del rione Sanità, Joker, Ema e Wasp Network, presentati in Concorso a Venezia 76

Locandina di Venezia 76
Tempo di lettura: 5 minuti

Termina la prima settimana di Mostra del Cinema al Lido di Venezia. Sono già diversi i film presentati in Concorso nei primi giorni di proiezioni. Se l’inizio è stato un po’ con il freno a mano tirato, non si può dire per i giorni successivi dove qualcosa buono – in alcuni casi, di ottimo – si è visto e apprezzato a Venezia 76.

In attesa dei giudizi sul nuovo film Netflix di Steven Soderberg e degli episodi di The New Pope di Paolo Sorrentino, ecco il punto sulle pellicole presentate negli ultimi giorni.

Martone porta De Filippo al cinema centrando l’obiettivo

Mario Martone torna al Lido a distanza di un anno dal mezzo passo falso di Capri Revolution. Il regista de Il giovane favoloso porta alla kermesse veneziana la trasposizione cinematografica della pièce teatrale di Eduardo De Filippo Il sindaco del rione Sanità. Non è la prima volta che Martone affronta la commedia di Eduardo. Nel 2017 ne cura personalmente una versione teatrale con la compagnia Nest. Parte di loro li ritroviamo proprio dell’adattamento cinematografico che risulta uno dei lavori più convincenti di Martone degli ultimi anni.

Il sindaco del rione sanità

Antonio Barracano (il “Sindaco”) è un uomo che controlla il suo quartiere amministrandolo dalla villa costruita abusivamente sulle pendici del Vesuvio. Quasi ogni giorno riceve delle persone che si recano da lui per chiedergli favori e aiuti di ogni tipo. Un giorno si presente Rafiluccio Santaniello, che chiede a Barracano un aiuto per uccidere il padre fornaio. Barracano si trova così in una situazione molto delicata dove cerca di mediare affinché entrambi si salvino.

Martone aggiorna e attualizza ai tempi nostri la piece di Eduardo ringiovanendo anche il personaggio del Sindaco: non più un anziano rachitico di 70 anni anni ma un quasi quarantenne alto e muscoloso. La sempiterna lotta tra Bene e Male si svolge quasi tutta in interni. Martone si muove sapientemente il mezzo di ripresa mettendo bene in evidenza il dualismo che si viene a creare tra realtà e finzione.

J’Accuse: un film tipicamente polanskiano

Parigi,1895. Il colonnello Georges Picquart è il nuovo capo dei Servizi Segreti francesi. Quando scopre le prove dell’innocenza di Alfred Dreyfus, capitano condannato, degradato e imprigionato perché accusato di essere una spia al servizio dei francesi, decide di mettere a rischio la sua carriera e la sua stessa vita per amore della verità.

J'accuse

Ricostruendo il celeberrimo affaire Dreyfus, caso politico/giudiziario con importanti venature antisemite, la scelta di Polanski è quella partire dalle prove delle sua innocenza: mostrare la fragilità e l’evidente manipolazione delle prove a suo carico, il pregiudizio nei suoi confronti in quanto ebreo è in questo caso la strada maestra per arrivare alla verità.

Polanski con la sua regia asciutta e rigorosa e Dujardin con la sua recitazione impeccabile ed elegante prendono per mano lo spettatore e lo conducono alla scoperta dei fatti, perché come già si evince dal titolo, il film è una accusa contro i preconcetti, contro l’alterazione della verità, parla di una storia lontana che ci interessa da vicino, perché è facile condannare un uomo totalmente innocente e non comune avere un Picquart nel proprio destino.

Ema: la libertà di una ragazza cilena

Pablo Larrain porta in concorso Ema, storia agrodolce di una ragazza cilena. Ema è una ballerina e, in un passaggio chiave, spiega che lei insegna “la libertà”, e infatti la libertà, in tutte le sue forme, è il centro del film. Non solo la libertà nella danza, ma anche di espressione verbale e sessuale.

Mariana Di Girolamo

Ema è un film soprattutto emozionante, anche se può essere ostico e respingente all’inizio, se ci si lascia trascinare nel mondo descritto da Larrain non si potrà fare a meno di rimanerne affascinati. Girato in modo eccellente, è fino a questo momento, uno dei film in concorso più belli.

Joker: un discesa nella follia

Todd Phillips presenta a Venezia uno dei film più attesi, Joker, sulla genesi del clown nato dall’universo DC. In circa due ore veniamo trascinati nel racconto potente e delirante di un uomo che, vittima di terribili circostanze e di una società che lo ha abbandonato, si trasforma in un mostro.

Joaquin Phoenix

In Joker troviamo un incredibile Joaquin Phoenix emaciato, provato, in grado di convogliare sullo schermo la storia di un uomo e della sua discesa verso l’irreversibile follia. Un’interpretazione d’impatto, quella di Phoenix, che trascina lo spettatore e che sostiene magistralmente il film. Il degrado di una città che rischia di esplodere sotto il peso dell’inuguaglianza viene rappresentato con inquadrature cupe, quasi sporche, intervallate da ambienti soffocanti e scuri. La narrazione, di per sé non particolarmente ritmata, viene intervallata da improvvise scene di violenza, che mantengono alta l’attenzione del pubblico.

Wasp Network: il tonfo di Assayas

A distanza di un anno Olivier Assayas torna al Lido presentando un’opera che ha lasciato allibito il pubblico. Wasp network racconta la storia vera di alcune spie cubane che, emigrati negli Stati Uniti tra gli anni ’80 e ’90, organizzavano dal suolo americano atti di spionaggio e persino attentati in funzione anti castrista.

Gael Garcia Bernal e Penelope Cruz

La storia narrata di Assayas si rivela sin da subito noiosa e inutilmente contorta, fatta di inspiegabili andirivieni temporali che appesantiscono una trama dalla pesantezza insopportabile nella prima ora, e che in quella successiva si trascina sui gomiti verso il finale. Purtroppo non tutte le vicende reali si prestano ad una trasposizione cinematografica, e il regista parigino incappa in uno di questi casi. La storia non decolla mai, succede pochissimo, e quel poco che accade lascia il sapore di niente: nessun vero colpo di scena, né un dialogo minimamente espressivo. Tutto, in Wasp network, precipita in una cronaca arida e monotona, emotivamente coinvolgente quanto un servizio telegiornalistico. Nemmeno le ficcanti questioni sollevat solitamente da Assayas nelle sue pellicole trovano spazio, siano esse trattate nei toni della commedia scanzonata (Il gioco delle coppie) o in quelli del quesito metafisico (Personal shopper). Neppure le interpretazioni di Penelope Cruz e Gael Garcia Bernal – del tutto ordinarie – sollevano il film dal nulla verso il quale si trascina. E ciò, per un regista del calibro di Assayas, è sorprendente tanto quanto inaccettabile.  

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