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Storie di ordinaria follia

Anniversari

Le Storie di ordinaria follia di Marco Ferreri

Marco Ferreri firma la sua versione di Storie di ordinaria follia dalla raccolta capolavoro del genio maledetto Bukowski

Tempo di lettura: 3 minuti

Nel 1972 esce in Italia Storie di ordinaria follia: Erezioni, eiaculazioni, esibizioni di Charles Bukowski. Nove anni dopo, nel 1981, Marco Ferreri, già autore di Dillinger è morto (1969) e La grande abbuffata (1973), firma la versione cinematografica ispirata proprio alla raccolta di racconti dello scrittore americano. Oggi, sono quarant’anni dall’uscita del film nelle sale. 

Da Bukowski a Ferreri

“La poesia dice troppo in pochi versi, la prosa dice troppo poco con tante righe” scrive Bukowski in uno dei racconti della raccolta. Aggiunge di ritenersi un poeta. Non è un caso, in effetti, che da alcuni brevi racconti dell’autore americano, Marco Ferreri sia riuscito a trarre un film complesso, intricato ed estremamente poetico. Ferreri mantiene la voce narrante a legare le diverse sequenze così da ricordare allo spettatore che si tratta di un’opera cinematografica tratta dalla letteratura e così da ricordare che la voce più importante nella storia è quella del personaggio principale, ovvero dello scrittore, e non la sua, quella del regista. Il film si apre e si chiude con Charles che declama una poesia, appunto, prima per una platea di un teatro poi per una giovane ragazza da poco incontrata. 

Ben Gazzara e Ornella Muti in Storie di ordinaria follia
Ben Gazzara e Ornella Muti in Storie di ordinaria follia

La sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso Ferreri con Sergio Amidei, collaboratore tra gli altri di Rossellini, Pietrangeli e Sordi, si rifà principalmente a tre storie della raccolta: “La più bella donna della città”, “Nascita, vita e morte di una rivista underground” e “Stupro! Stupro!”. 

Il film vede Ben Gazzara nei panni di Charles Serking, narratore e protagonista, nonché alter ego del Bukowski scrittore e Ornella Muti nei panni di Cass, la più bella donna della città. La storia nel film segue principalmente le vicende di Charles e Cass, i due sono entrambi dei reietti e dei dimenticati. Tra i due nasce necessariamente una turbolenta storia d’amore che si inscrive nel sottobosco urbano del quale fanno parte e che sembra per un po’ render loro la vita meno deprimente. 

Sacro e profano

É meravigliosa la scena in cui Charles, dopo essere stato svegliato bruscamente poiché trovato a dormire in una macchina cerca di scappare dalle mazzate prima di un padre poi di un figlio, si ritrova abbracciato ad un tronco di un albero proprio come un moderno San Sebastiano. Il regista ci dice che il suo Charles è un martire, un incompreso, un uomo la cui genialità interferisce con la vita e con la possibilità dunque di condurre un’esistenza limpida e coerente.  

I riferimenti biblici o sacri si intrecciano in modo perfetto in questa storia di vita dissipata, vissuta volutamente ai margini della società.

Sul finale torniamo al sacro che si confonde con il profano quando Charles si avventa sul corpo inerme di Cass adagiato sulla bara e vestito di tutto punto da suora. Lui è il profano, lei il sacro, ma forse viceversa. La suora presente in sala urla alla profanazione mentre Charles abbraccia e bacia la sua amata, il suo unico amore.

La scena nel film in cui Charles si ritrova abbracciato ad un tronco di un albero
La scena nel film in cui Charles si ritrova abbracciato ad un tronco di un albero

Con questo gioco complesso di continui sbalzi tra ciò che riporta ad un immaginario religioso e ciò che avvicina ad un immaginario mondano il regista racconta perfettamente il suo personaggio, ma anche lo stesso autore dei racconti. Il film Storie di ordinaria follia è la prima opera cinematografica dedicata a Bukowski e al suo lavoro e forse la meglio riuscita. Ogni scritto dell’autore americano è in parte autobiografico e dunque ogni film tratto da un suo romanzo o racconto parla inevitabilmente anche del suo autore. Ferreri dà vita al primo Bukowski nel cinema e lo fa in modo lodevole, mostrandone l’intelligenza, ma anche l’ambiguità.

A quarant’anni dalla sua uscita è giusto ricordare questo film di Marco Ferreri, non tra i suoi più noti, un film comunque che nell’edizione del 1982 dei David di Donatello si è guadagnato i premi per la migliore regia, la migliore sceneggiatura, la miglior fotografia e il miglior montaggio, consolidando così la posizione di Ferreri come grande regista.

Leggi anche: Dillinger è morto e il pessimismo radicale di Marco FerreriLa grande abbuffata: il cibo, il sesso, la morte.

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