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Le fate ignoranti

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Le fate ignoranti, la contraddizione resta per Ozpetek il linguaggio universale di comunicazione

Dal 13 aprile è disponibile su Dinsey+ Le fate ignoranti, il film che Ferzan Ozpetek, dopo vent’anni, decide di trasformare in una serie TV.

Tempo di lettura: 6 minuti

Era il 2001 quando Ferzan Ozpetek scrive e gira Le fate ignoranti, destinato – credo anche fortemente a sua insaputa – a segnare un solco radicato e (pre)potente nella filmografia personale del regista e nel panorama del cinema italiano tutto, che dai primi anni del XXI secolo vira tirannicamente su tematiche ostiche ed aspre dai risvolti scomodamente sociali e collettivi.
A distanza di ventun anni, Ozpetek decide di trasformare Le fate ignoranti in una serie TV – disponibile su Disney+ dal 13 aprile – che riprende dal capomastro filmico la storia, i personaggi e l’intento, stravolgendo, però, tutto il resto: la prospettiva, la predisposizione stessa dei protagonisti, e soprattutto il finale.

Le fate ignoranti

Siamo tutti d’accordo (almeno lo spero!) nell’affermare con assoluta certezza che né l’omosessualità di Massimo né la sua morte siano mai state l’epicentro tematico de Le fate ignoranti, tant’è che, per quanto Antonia sia sempre stata curiosa di comprendere la reale natura dell’uomo con cui ha condiviso la vita per oltre quindici anni, non viene mai fatto un distinguo sul suo orientamento sessuale. La scelta di non specificare se Massimo abbia sempre desiderato avere accanto un uomo o se Michele abbia rappresentato un’eccezione accidentale e fuori dagli schemi, è una volontà ferrea e deliberata del regista, fortemente consapevole che un’informazione del genere avrebbe disperso l’attenzione dello spettatore, restando completamente fine a se stessa e per nulla funzionale.

Massimo resta saldamente presente nella memoria di tutti quelli che lo hanno amato, lo era nel film e lo è ancor di più nella serie TV, con le intro agli episodi e la lunga serie di flashback che ci fanno assaporare quella grande parentesi della sua storia d’amore con Michele, che Ozpetek – ancora una volta strumentalizzando l’ellissi – aveva tranciato brutalmente dal campo visivo dello spettatore, mai per cattiveria o avarizia, ma solo per spronarlo all’immaginazione. Eppure, ad un tratto, nella serie TV, si ha l’impressione uterina che Massimo, per quanto importante e centrale tanto per Antonia quanto per Michele, abbia funto esclusivamente da catalizzatore per l’incontro tra i due, esercitando, con la sua prematura scomparsa, un influsso determinante su una linea d’azione di cui già esistevano le necessarie premesse.

Nel film l’intesa tra Antonia (Margherita Buy) e Michele (Stefano Accorsi) si dipanava su un piano puramente intellettuale, spinti l’uno verso l’altra esclusivamente dalla famelica curiosità di appropriarsi di quelle fette di vita che Massimo non aveva condiviso e dal furibondo bisogno di farvi parte a tutti i costi. Si piacevano perché avevano amato la stessa persona, quasi per proprietà transitiva, e si desideravano perché erano stati entrambi oggetto dello stesso desiderio. Tra l’Antonia di Cristiana Capotondi ed il Michele di Stefano Scarpetta, invece, ci si è spostati su un’altra dimensione, più vasta e ricca di quella del film, ma soprattutto di gran lunga più complicata: i due appaiono come elementi speculari di un puzzle composto, paradossalmente, da soli due pezzi.

Antonia ha bisogno di Michele per spogliarsi di quel perbenismo borghese inculcatole da una madre rigida e intransigente, che vuol provare a combattere con il calore, l’accoglienza, la libertà d’espressione, tutte cose che la peculiare crew dell’amante di suo marito le può donare con una gratuità e una spensieratezza bambinesca; dal canto suo, Michele ama e stima i suoi amici – specialmente per il coraggio sfrontato che da sempre hanno di essere se stessi -, ma poco manifesta con loro di quella sua stessa coscienza dirompente e profonda con cui convive, mentre con Antonia riesce a sperimentare una sintonia epidermica, quella che nasce dalla condivisione delle stesse passioni – come la pittura o, ancor di più, l’amore per Nazim Hikmet – trasbordata su una dimensione eterea ma fortissima, quella dei sentimenti.

Le fate ignoranti

Da ciò nasce un’attrazione titanica tra i due che si concretizza in una tensione erotica che si tocca quasi con mano, spesso inspiegabile, certo, e a tratti anche ironica data l’omosessualità di Michele, come quando si lasciano travolgere da un bacio appassionato e finiscono, poi, per riderne a crepapelle. Eppure gli elementi fondanti ci sono tutti: il bisogno di sentirsi, il desiderio di condividere i tempi e gli spazi della memoria, ma anche (e soprattutto) del presente, la sgradevolezza che Antonia percepisce quando Michele organizza un’orgia a casa sua e la morbosa gelosia che lui interiorizza e sperimenta all’arrivo di Asaf, la necessità di allontanarsi, per ristabilire un equilibrio che consenta loro di mantenere salda la propria identità, senza fondersi nell’altro.

Non c’è dubbio che tra Antonia e Michele vi sia una storia d’amore, sicuramente paradossale e piena di ambiguità, date le condizioni al contorno, ma non per questo meno reale di quanto effettivamente sia. L’omosessualità di Michele non è in alcun modo un deterrente all’innamoramento nei confronti di Antonia, perché l’amore di cui racconta Ozpetek è sempre discordante, stonato, enigmatico, ambivalente, illogico, inverosimile. Il regista turco rende la contraddizione il linguaggio universale per comunicare, fatto di silenzi, rimpianti, repentini cambi di programma, scelte inspiegabili ed irrazionali, perché gran parte delle volte è l’unica modalità che l’essere umano conosce per superare gli ostacoli che la Vita non insegna.

Le fate ignoranti

Il punto di forza de Le fate ignoranti risiede, oltre che nelle performance attoriali di Cristiana Capotondi e Stefano Scarpetta, soprattutto in quel finale sottilmente alternativo che il regista propone, di gran lunga più aperto rispetto a quello del film. In quest’ultimo, infatti, Antonia parte da sola, incinta, per allontanarsi da Michele, mentre nella serie TV si reca ad Istanbul con Asaf e, poco dopo, Michele la raggiunge. Il presupposto di fondo è, in sostanza, lo stesso: allontanarsi da ciò che ci fa paura, che quasi sempre è anche ciò che desideriamo maggiormente. Antonia ha paura di crescere questo figlio con Michele ma, dall’altro lato, si aggrappa silentemente a questo desiderio, che è il modo contorto che ha trovato per mantenere viva la memoria di Massimo. A distanza di così tanti anni, è abbastanza chiaro che Ozpetek abbia sentito il bisogno di raccontare della stessa cosa, ma da una prospettiva completamente diversa: quanto più vicino ci sia ad un happy ending, in cui le cose, nonostante il loro essere tremendamente complicate, sanno trovare la loro strada.

Le fate ignoranti

I protagonisti delle storie di Ozpetek sono macchiette piene di umorismo, che celano – forse poi nemmeno così tanto – un bagaglio di ferite e fragilità che desiderano fortemente poter colmare. Da sempre il regista turco è stato erroneamente (e talvolta anche dispregiativamente) bollato con l’appellativo de “il regista dell’amore omosessuale”, come se non sapesse fare null’altro che raccontare di ciò. Se è vero che si è più capaci di comunicare agli altri di cose che sono state sperimentate in prima persona, è anche vero che l’amore omosessuale si presta davvero bene a raccontare l’ambiguità dei sentimenti e, di contro, il desiderio sfrontato di poter viverli in libertà ed onestà, principi in realtà universali da poter traslare a qualsivoglia tipo di relazione.

E’ abbastanza ovvio che Ozpetek non sia un manierista come Sorrentino, un esteta come Wes Anderson o un visionario come David Lynch – giusto per citarne alcuni – e che raramente può essere ritrovato nel suo cinema un gusto tecnico che guarda al bello e al giusto. Piuttosto, i suoi film sono uno strumento in cui rispecchiarsi emotivamente, una piattaforma simbolica in cui trovare un raccordo con parti di noi nascoste, sepolte o ancora poco chiare, uno spazio sicuro dove potersi perdere e, se lo si desidera, potersi soprattutto ritrovare.


Le fate ignoranti
trama: Antonia, affranta dalla prematura perdita del marito, scopre che questi aveva un amante, Michele. Questo nuovo trauma la porta a conoscere un mondo per lei ignoto, popolato di una umanità viva e lontana dal perbenismo.
regia: Ferzan Ozpetek e Gianluca Mazzella
sceneggiatura: Ferzan Ozpetek
con: Luca Argentero, Cristiana Capotondi, Eduardo Scarpetta, Serra Yilmaz, Ambra Angioini
durata: 8 episodi
disponibile su: Disney+
dal: 13 aprile 2022


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