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Il cast di Competencia Oficial in Concorso a Venezia 78

Cinema

Venezia 78: “Sundown”, “Competencia Oficial” e “Il buco”

Continua il programma della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Scopriamo altri tre titoli presentati nel Concorso di Venezia 78: Sundown, Competencia Oficial e Il buco.

Tempo di lettura: 5 minuti

Continua il programma della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Scopriamo altri tre titoli presentati nel Concorso di Venezia 78: Sundown, Competencia Oficial e Il buco.

Sundown di Michel Franco – Venezia 78

di Daniele Marseglia

Il regista messicano Michel Franco, 365 giorni dopo aver presentato al Lido Nuevo Orden, torna in Concorso alla Mostra del cinema di Venezia con il nuovo lungometraggio Sundown. Tim Roth e Charlotte Gainsbourg, capostipiti di una ricca famiglia inglese, si trovano in vacanza ad Acapulco, nel Messico. Tutto procede apparentemente per il meglio con giornate che si susseguono fatte di cene all’aperto, relax in piscina e bagni in mare. La routine viene interrotta da un imprevisto che getta la famiglia nel caos, con conseguenze del tutto inaspettate.

Svelare lo snodo cruciale che sta alla base dei risvolti narrativi di Sundown sarebbe poco carino da fare. Ma è grazie a quel preciso passaggio che il film inizia a intessere un discorso che al regista messicano sta particolarmente a cuore, ovvero l’eterogeneità delle dinamiche familiari. Quando un imprevisto sconvolge il delicato equilibrio venutosi a creare, all’interno di un nucleo familiare apparentemente solido e unito inizia a venire a galla quello che si è sempre cercato, con fatica, di tenere nascosto sotto al tappeto. L’ipocrisia del voleseme bene viene spazzata via in quattro e quattro quando le fondamenta di certi rapporti si rivelano essere costruite con della sabbia invece che con del più solido e sicuro cemento.

Una scena di Sundown in Concorso a Venezia 78
Il cast di Sundown (2021)

Michel Franco, che certe tematiche ha già avuto modo di esplorare in precedenti film, lavora quasi tutto in sottrazione per l’ora e venti scarsa di durata della pellicola, non dando mai precisi punti di riferimento. I colpi di scena arrivano nei momenti più inaspettati. In un punto ben preciso, il film viene preso per mano dal personaggio di Tim Roth, dopo che egli prende una decisione che sconvolge ulteriormente gli equilibri precari della ricca famiglia. Un personaggio, va detto, ben inquadrato dal regista nella suo essere sì menefreghista e irricevibile ma comunque un uomo libero (dipende poi dalla prospettiva con cui lo spettatore lo inquadra).

Franco continua il suo viaggio all’interno della società del ventunesimo secolo, prestando un particolare occhio di riguardo – come successo già in Nuevo Orden – ai conflitti che intercorrono tra le classi sociali, dove la violenza (quella brutale e fredda) è una conseguenza che può far capolino da un momento all’altro. E sotto questo aspetto, Acapulco, divisa tra paesaggi paradisiaci e scene del crimine, è lo scenario ideale per evidenziare certi contrasti assai cari al regista messicano.

Tim Roth
Tim Roth

A molti Sundown potrebbe ricordare il ben più riuscito Forza Maggiore di Ruben Ostlund per via dell’analisi delle conseguenze che i due registi compiono sulle decisioni intraprese dai protagonisti dei loro film. Quello che li diversifica è una sceneggiatura che nel film del messicano appare non del tutto comprensibile in certi passaggi che riguardano in particolare le relazione parentali dei protagonisti, tanto da restare sorpresi per un colpo di scena del tutto involontario. Voto: 5.

Competencia Oficial di Mariano Cohn e Gaston Duprat – Venezia 78

di Francesco Binini

Diretto da Mariano Cohn e Gaston Duprat mette in scena una rivalità tra due attori: uno più anziano, Oscar Martinez, convinto che il lavoro dell’attore sia un’arte nobile; e uno più giovane, Antonio Banderas, che prende le cose apparentemente più alla leggera. Completa il cast la “regista” Penelope Cruz che non farà altro che acuire lo scontro tra i due attori.

Oscar Martinez e Antonio Banderas in una scena di Competencia Oficial
Un’immagine tratta da Competencia Oficial

Competencia oficial, presentato in Concorso a Venezia 78, è una commedia che prende in giro il cinema e il successo, che pone moltissimi intriganti interrogativi sull’arte, senza dare nessuna risposta ma che trascina lo spettatore nelle situazioni sempre più assurde che si susseguono sullo schermo scatenando spesso fragorose risate. Un film sul cinema, che prende in giro il cinema, gli artisti, gli attori e i registi con moltissima misura ma regalando a noi spettatori, oltre che uno spunto di riflessione, anche molta allegria. Voto: 7

Il buco di Michelangelo Frammartino – Venezia 78

di Vito Piazza

Mentre nel 1961, in pieno del boom economico, il Nord Italia punta verso l’alto con la costruzione dei primi grattacieli, una spedizione di speleologi piemontesi si immerge nella grotta del Bifurto, nel Pollino. Una spedizione nelle viscere della terra di una delle grotte più profonde del mondo: è questa la storia de Il buco, uno dei film più interessanti in concorso a Venezia78. Un film sostanzialmente muto, quello di Michelangelo Frammartino, che eccetto pochissime e ininfluenti battute e qualche richiamo del pastore del luogo, tenta di far comunicare immagini e immaginazione. Per il regista milanese il canto della natura è qualcosa di imperativo e inderogabile, come ci aveva già dimostrato nei precedenti Le quattro volte e Il dono. Stavolta al centro della scena c’è una grotta: luogo simbolico, oltre che geografico. Tra il delicato lirismo herzoghiano (un riferimento estetico su tutti: Cave of Forgotten Dreams) e l’indole documentaristica, l’opera di Frammartino “mostra” gli insondabili e misterici legami tra gli abissi della natura e quelli dell’uomo, connettendo in maniera puramente analogica due sostanze insondabili. L’anziano pastore che pascola il bestiame in prossimità della grotta può essere tante cose, questioni di sensibilità personali. Parimenti, è polivalente la sofferenza che comincia ad aggrovigliarlo man mano che gli speleologi si inabissano nella grotta.

Il buco
Un’immagine tratta da Il buco

È proprio quest’ineffabile indeterminatezza a costituire il cuore del mistero e il facile bersaglio dei detrattori de Il buco. Un film che per fortuna ci ricorda quanto siano importanti le ombre, la lentezza, l’apparente insignificanza. E i silenzi. Il Silenzio. Non è certo casuale che non si senta una parola significativa per tutta la durata del film: ciò che è capitale, spesso, è talmente vicino agli occhi da restare ovvio, quindi relegato all’ininfluenza. Il buco non ha alcuna tesi da dimostrare, pur avendo tanto da mostrare. A patto di non pretendere nulla. È un aforisma visivo e muto, una parabola espressa in immagini semplici e chiare che rimandano sempre ad altro. Si potrebbe accostarvi una qualche tesi sociologica o economica; si potrebbe (b)analizzarlo come un trattatello sui limiti della scienza e della sapienza. Ma qualunque sia la via intrapresa, anche a distanza di ore dalla sua visione, continua a restare qualcosa di insoluto e di indicibile. Permane, nell’assenza della parola, qualcosa di arcaico e indecifrabile. Scorre nella mente qualche sprazzo arcano da quei paesaggi antichi e silenti. Resta, ancora, un briciolo incoercibile di romantico mistero. E noi zitti, come di fronte ai più ovvi e incredibili prodigi. Come di fronte alla vita e alla morte. Voto: 7

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