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Ben Platt, protagonista di The Politician

Serie Tv

The Politician, ovvero come la scalata al potere nasce dalla solitudine e dall’insicurezza

Arriva su Netflix The Politician, la nuova serie ideata da Ryan Murphy che racconta l’ossessione e la sete di potere di un ragazzo di un liceo americano che vuole diventare Presidente degli Stati Uniti d’America.

Tempo di lettura: 3 minuti

The Politician parla di ambizione, e del prendersi ciò che si vuole, ma alcune scene potrebbero disturbare chi soffre di salute mentale instabile“. Già all’inizio, la nuova serie di Ryan Murphy (la prima a vedere la luce dopo lo storico accordo tra l’autore e Netflix) mette le cose in chiaro. Ambizione. Bramosia del potere. Perseguimento degli obiettivi. Tutte cose che fanno capo al giovane Payton Hobart (Ben Platt, in arrivo da Broadway), studente di un prestigioso liceo di Santa Barbara. Infatti, Payton fin da piccolo sapeva cosa avrebbe fatto da grande: il Preidente degli Stati Uniti d’America.

Facile a dirlo, molto meno a farlo. Per arrivare a puntare in alto bisogna inevitabilmente partire dal basso. Per questo motivo, Payton decide di candidarsi alle elezioni per diventare presidente del corpo studentesco del suo liceo. A sua disposizione, come i politici di lungo corso, ha un team di strateghi che lo seguono e lo mettono a conoscenza di tutte quelle informazioni in grado di favorire o penalizzare il suo percorso: sondaggi, tematiche sociali da sposare, indice di gradimento sui social. Sembra tutto filare liscio fin quando Payton si accorge che il suo sfidante altro non è che River, il ragazzo per il quale Payton prova una debole.

Payton è predisposto per diventare, un giorno, un uomo di potere. Anzi, l’uomo più potenete del mondo. Payton – come la sigla della serie sulle note di un bel pezzo di Sufjan Stevens sembra volerci far capire – è costruito, e poi limato, per diventare uno che conta per davvero. Ma la sua scalata alla vetta nasce principalmente per combattere sentimenti di solitudine e d’ineguatezza che lo accompagnano da sempre, forse fin dal momento in cui la madre lo affida ad una famiglia benestante ma particolarmente sui generis. Solo la madre adottiva, interpretata da una Gwyneth Paltrow perfettamente in parte, è l’unica a capire e a sposare le amibizioni del figlio, intento a passare il tempo libero studiando la storia e le politiche messe in atto dei presidenti degli Stati Uniti che hanno fatto la storia del paese.

Una scena di The Politician

The Politician parla di come il potere, citando un famoso politico italiano, logora chi non ce l’ha. Ma lo vorrebbe avere, eccome. Lo vorrebbe conquistare, soprattutto, anche ricorrendo a mezzi in cui l’etica viene accantonata e messa da parte, per poi ricordarsene e tirarla fuori al momento giusto. Ma The Politician offre anche uno sguardo sull’America degli anni ’10 del 2000. Un’America forse un po’ più cinica ed egoista del solito e dove il contrasto tra classi sociali abbienti e meno abbienti si fa sempre più evidente.

Ryan Murphy decide di fotografare tutto ciò con la lente del teen drama, genere che ha già trattato in passato con Popular (il suo esordio) e Glee, e sempre facendosi aiutare dai suoi fidi collaboratori Brad Falchuk e Ian Brennan. Non che la scelta sia un male a prescindere (leggere alla voce Euphoria, per esempio), ma questa volta Murphy e il suo team non riescono ad incidere quanto dovuto. The Politician si infila sovente in vicoli ciechi e si abbandona alle classiche scene à là Murphy, quelle che contengono digressioni e che si allontano dal plot principale della serie.

Gwyneth Paltrow e Ben Platt

The Politician, ancorando le sue basi sul teen drama, con il passare degli episodi si trasforma anche in qualcosa di altro e arriva a lambire persino la dark comedy o il genere crime. Cambi di registro un po’ azzardati, che non aiutano la serie Netflix a trovare una sua precisa identità. Una serie che prende (molta) ispirazione, narrativa ed estetica, anche da pellicole cult degli ultimi 20 anni come Election di Alexander Payne o, ancora di più, da I Tenembaum – per come viene rappresentata e descritta la famiglia di Payton – e Rushmore – per molte cose che accadono nel contesto scolastico – di Wes Anderson.

L’episodio finale, dove fanno il loro ingresso anche Judit Light e Bette Midler, ha il sapore di un nuovo pilot, quasi un nuovo inizio per la serie (già confermata da Netflix per una seconda stagione). Non è certo tutto da buttare: The Politician si lascia seguire anche piacevolmente in certi frangenti. Ma dopo che Ryan Murphy aveva messo la quinta inanellando una serie – scusate il gioco di parole – di serie di ottima fattura (vedi American Crime Story e Pose), con The Politician uno degli autori più importanti della televisione americana tira nuovamente il freno a mano.

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