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Salvatore Esposito in una scena di Spaccapietre

Cinema

Salvatore Esposito spacca tutto, forse anche il caporalato

Tempo di lettura: 2 minuti

Alle Giornate degli Autori di Venezia 77 è stato presentato Spaccapietre, dramma sociale dai toni western diretto da Gianluca e Massimiliano De Serio. Si tratta di un film che drammaturgicamente può apparire scarno ma cela spunti assolutamente corposi. La corporeità è, infatti, tra gli elementi predominanti dell’opera, che si radica sul personaggio di Giuseppe, interpretato dall’attore di Gomorra – La serie Salvatore Esposito. Il celebre attore partenopeo, infatti, appare in un formato imponente e temibile, un dio arcaico tornato al mondo per spaccare rocce e, forse, anche i retaggi di una società moralmente marcia e artritica. Si tratta di un ex minatore pugliese, costretto a casa dopo un grave incidente sul lavoro costatogli un occhio, ora segnato da una cicatrice quasi da personaggio dei fumetti. La sua stazza imponente è perfettamente bilanciata da quella minuta del figlio Antò (Samuele Carrino), che cresce in un appartamento loculo, mentre l’amata moglie Angela (Antonella Carone) si spacca la schiena come bracciante.

Gli sforzi sovrumani costano la vita alla donna, rendendo inevitabile per marito e figlio ad andare a loro volta a lavorare nei campi, nonostante la menomazione del primo e la tenera età del secondo. La loro sarà una discesa negli inferi in un latifondo governato da un sadico padrone uso ad abitudini e perversioni da sovrano assolutista.

Salvatore Esposito in una scena di Spaccapietre

I fratelli De Serio danno vita a un’opera produttivamente minuscola ma non, per questo, di poco conto. Nel corso di Spaccapietre si ammirano, soprattutto, la franchezza e la mancanza di filtri nel raccontare un mondo, quello del caporalato nell’agricoltura, dove efferatezze e crudeltà sono fisiologia della quotidianità. Correttamente, niente viene risparmiato alla vista, con spargimenti di sangue di entità assolutamente non frequente nell’ultimo cinema italiano. Viene dato spazio anche a impreviste esibizioni di perversioni sessuali, anche fin troppo gratuite nell’ambito dell’economia dell’opera.

Inoltre, il giovane Carrino è sicuramente un interprete promettente, ma il suo ruolo appare fin troppo scritto, e non è credibile la sua psicologia immacolata in un universo di dolore. Il film funziona decisamente quando lascia scatenare il proprio protagonista, invadendo lo schermo con la fisicità di un Bud Spencer in versione impegno civile. Esposito, infatti, viene diretto alla perfezione, ed è credibile come montagna umana inondata dall’amore per il figlio e la moglie scomparsa (molto toccante una scena con al centro un profumo da donna).

Salvatore Esposito in una scena di Spaccapietre

Spaccapietre è un’opera rude ma riuscita, senza dubbio meritevole degli sforzi produttivi che ne hanno permesso la realizzazione. Esposito dimostra, difatti, grandissimo spessore umano nel prestarsi a un’opera difficile ma dalle letture non immediate e sorprendenti. Il film, infatti, ha molti sottotesti, non tutti approfonditi al meglio, come quello brillante del rapporto tra forza e conoscenza, sintesi del rapporto tra lo spaccapietre e il figlio aspirante archeologo. Uno le pietre le rompe per nutrire chi ama, uno le studia per acquisire la libertà che solo la cultura può offrire.

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