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Flee

Cinema

Flee, un documentario che usa l’animazione per mantenere il pudore

Flee non è un film d’animazione canonico, dove il disegno, il tratto animato è lo stesso dall’inizio alla fine. A seconda delle situazioni il disegno si fa ora più sfumato ora più nitido.

Tempo di lettura: 3 minuti

L’edizione 2022 degli Oscar un record lo ha già stabilito. E’ la prima volta, infatti, che lo stesso lungometraggio è candidato per le seguenti categorie: miglior film internazionale, miglior documentario, miglior film d’animazione. D’altronde, Flee è uno di quelle opere che, in apparenza, sembra che un’identità vera e propria non ce l’abbia. Se la costruisce solo con il tempo, come succede al protagonista del lungometraggio animato di Jonas Poher Rasmussen, Amin. Prima di costruirsela, però, Amin quest’identità la deve (ri)cercare. Difficile farlo quando scappi in continuazione da un posto all’altro (Flee, in italiano, equivale all’imperativo “fuggi!”). Quando la casa non diventa più un posto sicuro. Quando vivi costantemente con la paura di essere scoperto. E anche quando inizi a capire che invece delle donne ti piacciono gli uomini, e sarà terribilmente complicato uscire fuori perché non sai le reazioni che in famiglia potrebbero avere.

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Nel presente, davanti all’amico regista Rasmussen, Amin si ferma per ripercorrere tutta la sua storia, da quando adolescente fugge con la madre e uno dei fratelli dall’Afghanistan, il paese di nascita, dove alla fine degli anni ’80 si stabilisce il regime dei mujaheddin. La Russia è l’unico paese che gli offre un visto, ma le cose si metteranno male anche lì. E allora via, ancora una volta in viaggio, in fuga, verso un futuro quanto mai incerto. Amin, quasi come se fosse una seduta di psicoterapia, si libera una volta per tutte dei suo fantasmi. Confessa per la prima volta all’amico cose che non ha mai detto a nessuno. Si commuove, Amin, sempre con grande pudore. E intanto continua a raccontare di come questo continuo e incessante peregrinare abbia infine trovato una meta: Copenaghen, Danimarca, la città in cui vive una vita finalmente serena con il compagno.

Non è un caso, allora, che il regista utilizzi la tecnica dell’animazione per raccontare una storia di continuo disorientamento, di profili e contorni – di cose, di persone – sfumati, impossibili da delineare con perfezione. E’ Rasmussen, quindi il film stesso, di pari passo col flusso di coscienza di Amin, a chiedersi quale sia la forma più opportuna e idonea nel rappresentare le terribili traversie accadute al protagonista. Flee non è, quindi, un film d’animazione canonico, dove il disegno, il tratto animato è lo stesso dall’inizio alla fine. A seconda delle situazioni il disegno si fa ora più sfumato ora più nitido.
L’animazione vieni qui utilizzata come forma di pudore nei confronti della storia, quasi come a voler proteggere e preservare Amin, il suo passato e anche il suo presente.

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Il film si apre con un dialogo fuori campo tra il regista e Amin. Rasmussen chiede al protagonista cosa significhi per lui “casa”. Amin risponde che casa è un posto sicuro dal quale nessuno dovrebbe mai essere costretto a fuggire. Per lui non è stato così. Ha passato interi anni a cercarla – e non soltanto nell’accezione di luogo fisico. Ora, nel presente, Amin una casa l’ha finalmente trovata. La condivide con la persona che ama. E allora Amin, nell’intensa ed emozionante scena finale, si può anche permettere di uscire dall’obiettivo della telecamera, che fino a quel momento non lo ha mai lasciato per un secondo. E’ un nuovo inizio. E’ il suo ritorno alla vita.

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Flee
trama: Amin ha 36 anni, vive in Danimarca, è un affermato docente universitario e sta per sposarsi con il suo compagno. Ma proprio poco prima delle nozze, il passato torna a fargli visita, facendogli ripercorrere gli anni della sua gioventù, quando dall’Afghanistan arrivò in nord Europa dopo un lungo viaggio, con la speranza di chiedere asilo. Flee è il racconto di una fuga che si trasforma in un inno alla vita e alla libertà, un percorso umano intessuto di sfide e gioia contagiosa, una cronaca veritiera e poetica della ricerca della felicità, che apprendiamo dalla viva voce del protagonista.
regia: Jonas Poher Rasmussen
sceneggiatura: Jonas Poher Rasmussen
con: Amin Nawabi, Daniel Karimyar, Fardin Mijdzadeh, Belal Faiz, Milad Eskandari, Zahra Mehrwarz, Elaha Faiz, Sadia Faiz
durata: 93 minuti
uscita: 10 marzo 2022


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