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Alessandro Cattelan e la giuria di X-Factor

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Al via i Live di X-Factor 13. Saranno un flop?

La 13a edizione di X-Factor è partita con il freno a mano tirato. Analizziamo quali elementi hanno funzionato e quali no.

Tempo di lettura: 4 minuti

Cos’è successo a X-Factor? Fino ad alcune edizioni fa, la macchina del talent in onda su Sky Uno sembrava inarrestabile. Ma molte cose sono cambiate, quasi tutte in negativo.

I cantanti

Quando sono lì sul palco di X-Factor sono tutti bravi, alcuni bravissimi, ma poi quando escono dal programma scompaiono dai radar della musica mainstream. Da quando il programma è su Sky solo Francesca Michielin e i Måneskin sembrano aver avviato delle carriere promettenti. Chi si ricorda degli Ape escape (secondi nel 2013) o di Ilaria Rastrelli (terza nel 2014)? Ma c’è qualcos’altro che non funziona: i ragazzi di X-Factor non bucano (più) lo schermo, e questo in un programma che nasce in TV è fondamentale. Le voci sono spesso davvero eccezionali, i testi scritti sono veramente ottimi, ma nel 2019 probabilmente c’è bisogno di qualcos’altro per catturare e mantenere l’attenzione degli spettatori. È difficile sgranare gli occhi per l’esibizione di un ragazzo dietro ad un pianoforte: è più facile quando in scena ci sono Damiano e Victoria che hanno una fisicità prepotente, si muovono, suonano e cantano e occupano fisicamente tutto il palco.

Il format

Dopo 13 edizioni, il format mostra decisamente la corda. Il rituale è sempre quello: sperimentato e vincente, certo, ma dopo un po’ è sempre uguale a se stesso. I cantanti si esibiscono in sequenza, i giudici danno il loro parere (quasi sempre positivo, più raramente si accapigliano), ballottaggio, eliminazione. Certo, in questa edizione si sta cercando di variare qualcosa (prova ne è il quinto giudice Mika nella prima puntata), ma la sostanza non cambia. Se non si trova il modo di ravvivare un po’ la situazione, nelle puntate di metà percorso a farla da padrone saranno solo gli sbadigli.

Alessandro Cattelan e la giuria di X-Factor

Le audizioni

Anche le puntate dedicate alle audizioni (troppe!) hanno ormai raggiunto un loro rituale, purtroppo lontanissimo dalle prime versioni. Si vedono solo ragazzi e ragazze bravissimi che vengono premiati con il coro “quattro sì!”, ma manca tutta la componente divertente di chi ci prova senza avere nessuna possibilità, manca quella sequela di personaggi stravaganti che affollavano le prime edizioni. Ma forse semplicemente non ci sono più. Le audizioni sono ormai delle vere e proprie selezioni: quando compare la professione in sovraimpressione molto spesso si legge “cantante” o “artista di strada” o mestieri comunque legati alla musica o allo spettacolo. Quanto sono lontani i tempi della “cassiera” Giusy Ferreri?

X-Factor

Il conduttore

Cattelan è una sicurezza. Forse, pure troppo. Anche per lui X-factor sembra ormai diventata una routine, con la differenza che quest’anno fa parte degli autori del programma. Fin’ora questo cambio di ruolo ha portato solo ad una sua maggiore presenza durante le puntate delle auditions e a un debutto come cantante (debutto a X-Factor: come dimenticare la hit “Broccoletti” della scorsa stagione di #EPCC?) nell’avvio della prima puntata. Chissà se questo nuovo ruolo lo porterà ad una maggiore presenza anche all’interno del programma. Aprirà le puntate di X-Factor con un suo monologo?

Le canzoni

X-Factor è un programma di canzoni. Cover prima e inediti poi. Le canzoni coprono una gamma vastissima di generi e stili. È giusto che X-Factor proponga canzoni che rispecchino la produzione musicale tutta, ma di tanto in tanto sarebbe bello che proponesse anche qualche pezzo da classifica, qualcosa che faccia muovere i piedi e le mani, qualcosa che il pubblico possa riconoscere. Nella prima puntata c’erano solo due pezzi da classifica: L’ultimo bacio e Don’t look back in anger. In entrambi i casi, non esattamente due pezzi incendiari. E arriviamo quindi all’altro problema dell’assegnazione dei pezzi: molte, troppe canzoni sono mosce. A parte i Booda che hanno spettinato il pubblico, tutti gli altri si sono esibiti in performance statiche e molte canzoni avevano un ritmo talmente lento che sembrava più adatto a cullare gli spettatori che a sfornare una futura stella pop. È comprensibile che non si possa fare tutta una puntata con un ritmo indiavolato, e la musica di certo non è solo volume a palla, chitarre elettriche e batteria. Ma è anche quello.

Gli show

Visto che la musica spesso non basta a tenere svegli, il direttore artistico si ingegna a creare show sempre più spettacolari. E lo sono: in alcuni casi davvero si rimane a bocca aperta. Va benissimo e, in più, c’è talmente tanta creatività dietro gli show che raramente sono ripetitivi o noiosi. Forse, davvero, le coreografie sono state la cosa migliore della prima puntata di XF13.

Sfera Ebbasta

I giudici

Si può dire di tutto, su X-Factor, si può analizzare ogni dettaglio e ogni fattore ma se i giudici non funzionano, tutto il castello di carte cade. In realtà, con il cambio dei ¾ della giuria era abbastanza normale un periodo di assestamento, che c’è stato durante le puntate dedicate alle auditions. Ai live, la giuria dovrebbe arrivare già rodata. E invece le scelte si sono rivelate deboli. C’erano già state scelte non proprio azzeccatissime in passato (Álvaro Soler, Levante, Lodo Guenzi) ma spesso c’era un elemento televisivamente debole su quattro. Nella giuria di questa edizione, creata palesemente per compensare l’addio di Fedez e Manuel Agnelli, gli elementi deboli sono entrambi. In tutti e due i casi sembrano la copia sbiadita del loro predecessore: se Samuel deve sostituire Manuel non sembra averne il carisma e se Sfera Ebbasta deve sostituire Fedez non sembra averne la proprietà di linguaggio. Sfera in particolare, che sembrava dovesse essere il discolo che tutti abbiamo avuto in classe a scuola, è invece un compagnone sempre sorridente che ripete sempre le stesse cose: “Spacca tutto”, “Hai spaccato” e via con un bel sorrisone con i denti bianchissimi perfettamente allineati. Tutto sommato, la scelta migliore è stata Malika Ayane che non sarà di una simpatia travolgente ma se non altro porta al tavolo dei giudici il suo carattere.
Sull’istituzione Mara Maionchi possiamo tranquillamente sorvolare: è identica a sé stessa, nel bene e nel male, da almeno 10 anni. Lei, davvero, va bene così com’è.

Insomma, la prima puntata dello show è sembrata molto rituale. L’impressione, alla fine, è che X-Factor si stia lentamente trasformando in Sanremo. Ma di Sanremo ne abbiamo già uno e sarebbe sufficiente.

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