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Dune Due

Cinema

Dune Due – la recensione del film di Denis Villeneuve con Timothée Chalamet

Timonthée Chalamet e Zendaya con Rebecca Ferguson tornano ad interpretare i loro personaggi nel mondo senz’acqua di Dune

Tempo di lettura: 2 minuti

Qualcosa è cambiato. Denis Villeneuve nel primo Dune pagava un tributo (pesante) al cinema spettacolare e d’azione in qualche modo probabilmente imposto dai produttori che avevano necessità, vista l’ingente spesa, che il film vendesse. In questa seconda parte il pubblico è ormai agganciato e quindi il regista era più libero di far prendere al film una sua direzione. E sceglie quindi di aumentare a dismisura i dialoghi, dare più spazio alla parte politica e annullare, o quasi, l’azione. Capita raramente di dirlo, ma probabilmente questo sequel è migliore dell’originale.

Dune due è visivamente eccezionale. Alcune scene lasciano a bocca aperta e sono puro godimento per gli occhi. I contrasti visivi tra Arrakis e il pianeta degli Harkonnen sono parte integrante della struttura del film. I (rari) combattimenti sono ovviamente coreografati ad arte.

L’altro aspetto che diventa preponderante in questo secondo capitolo della saga (il terzo è già in produzione) è la religione. Paul (Timothée Chalamet) non è più il ragazzo spaurito del primo film, ma un leader sempre più consapevole che si mette a capo dei Fremen per guidare la rivoluzione contro l’impero. Viene idolatrato come un messia ma i gesti e i vestiti (e l’ambientazione desertica) portano lo spettatore ad identificare i Fremen come mussulmani. Gli spietati Harkonnen, al contrario, non hanno, apparentemente, una religione (il loro unico scopo è il potere). Forse Villeneuve vorrebbe suggerirci un conflitto tra un occidente che non crede più a nulla se non al potere e un oriente che ancora crede che verrà un messia e per questo è più pronto al sacrificio, più unito e più forte. Ma il tema è talmente labile e sullo sfondo che diventa difficile dire se si tratti di un’interpretazione voluta o che traspare semplicemente in controluce.

Rebecca Ferguson

Di certo c’è che il difetto principale di questo Dune Due è, ancora una volta, la sceneggiatura. Comprimere le centinaia di pagine di un romanzo profondamente riflessivo in una sceneggiatura e poi filmarla sarebbe un compito improbo per chiunque. Denis Villeneuve e Jon Spaihts riescono nell’impresa solo in parte presentando il “cattivo” ex abrupto solo nella seconda parte del film, senza introduzione alcuna e facendo finire la sua parabola, come si può facilmente immaginare, nel film stesso. Vista la durata-monstre del film (2h 45’) forse valeva la pena distribuire con più sapienza le apparizioni di Feyd-Rautha (Austin Butler) e di Margot Fenring (Léa Seydoux).

Va comunque detto che, nonostante questo, Dune Due riesce a mantenere un buon ritmo e ad affascinare lo spettatore mantenendolo legato attraverso le involuzioni della storia e agli scorci visivi davvero affascinanti.

Soprattutto per questo motivo, Dune Due merita una visione, in attesa del terzo film che dovrebbe portare a compimento i molti eventi che hanno inizio in questo film.

Bisogna comunque dire che, per chi non conoscesse il romanzo originario, il film termina con quasi tutte le protagoniste femminili in ‘dolce attesa’, quindi saranno molte le vicende da dipanare nel terzo e ultimo (?) capitolo della saga.

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