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Il cast di Bombshell

Cinema

Una riflessione su Bombshell e la classificazione dei film

Forse è davvero ora di cambiare la classificazione della censura. L’esempio di Bombshell

Tempo di lettura: 3 minuti

Premessa: ho due figlie, una di 8 anni e una di 10. Nessuna delle due sa cos’è il sesso. 

Alcune sere fa, dopo che le figlie erano andate a letto e mentre mia moglie lavorava, ho guardato Bombshell, su Prime video. Non ero particolarmente interessato al film e la mia intenzione era dare un’occhiata senza troppo impegno. Mentre il film iniziava ho preso nota mentalmente della classificazione “7+” assegnata da Prime video: quindi adatto ad entrambe le mie figlie.

Il film comincia e all’inizio sembra che il tema trattato sia lo scontro tra una avvenente giornalista di Fox news (Charlize Theron) e il futuro presidente Donald Trump. Mentalmente ho preso nota che effettivamente la tematica del sessismo avrebbe potuto essere interessante per le bambine. Successivamente, il film si concentra sempre di più sulla redazione di Fox News dove il personaggio di Nicole Kidman viene prima allontanato dagli orari di messa in onda più redditizi e successivamente licenziata e dove una giovane interpretata da Margot Robbie comincia a far carriera. C’è una scena in cui l’attrice di Tonya è a letto con una collega e dichiara di non essere lesbica ma la derubrico come una cosa che alle mie figlie non creerebbe problemi (il tema dell’omosessualità e della bisessualità è stato ampiamente affrontato e superato). Insomma: fino a metà circa del film ero sempre più convinto che sarebbe potuto essere una pellicola interessante anche per le bambine.

Margot Robbie e John Lightow in Bombshell

Poi il tema si sposta: i vari pezzi del puzzle vanno a posto e il vero tema del film si rivela. Si parla di molestie sessuali. Si comincia a parlare di “inginocchiarsi” davanti ad un uomo, di inquadrature delle gambe delle presentatrici più avvenenti, della richiesta di “fare la piroetta” davanti al boss durante il colloquio. La cosa comincia a farsi un po’ complicata da spiegare a delle bambine: come spiegare che ad un colloquio di lavoro se il futuro capo ti chiede di fare una mini-sfilata può già essere considerata una molestia? Il personaggio nel film spiega che “la TV è un media visuale”, che è indubbiamente vero, ma ciononostante, è una molestia.

Per fortuna è il film stesso a togliere di mezzo ogni problema abbandonando la prudenza e mostrando una scena in cui Margot Robbie è costretta dal capo, in cambio di un avanzamento di carriera, a mostrare la biancheria intima che indossa. Ora siamo decisamente davanti ad una molestia: cosa decisamente scivolosa da spiegare. Nel finale, le cose si complicano ancora di più e si parla esplicitamente di “pompino”.

Classificare “7+” un film dove si nomina un pompino, dove si parla di molestie sessuali, dove si parla di violenza psicologica (più subdola da spiegare di quella fisica) mi sembra francamente un po’ troppo permissivo.

Ma vediamo la cosa da un’altro aspetto: supponiamo che io sia un genitore meno responsabile di quello che sono; o supponiamo che le mie figlie, come spessissimo accade a moltissimi bambini, siano affidate per lunghe ore ai nonni e che abbiano per un motivo o per l’altro accesso al film (è classificato 7+: quindi sarebbe teoricamente adatto ad una platea vastissima). Lo guardano e ne escono naturalmente confuse. Prendono un computer e cercando “pompino” su Google.

E’ vero: dei bambini non dovrebbero avere accesso a internet, ma in questo periodo di quarantena lo devono avere per forza, per seguire le lezioni scolastiche online. Lascio che sia il lettore ad immaginare le conseguenze.

Charlize Theron in Bombshell

Come già evidenziato in un altro articolo, la classificazione dei film lascia piuttosto a desiderare, ed è quindi sempre più urgente un sistema che permetta ad un genitore (ma anche al bambino stesso) di scegliere responsabilmente cosa vedere: le piattaforme di streaming adottano delle loro metodologie che però, come abbiamo appena visto, sono totalmente arbitrarie.

Se Prime Video è eccessivamente permissivo, Netflix eccede in senso contrario: dall’account dedicato ai bambini non era possibile accedere ai cartoni animati prodotti dallo studio Ghibli (problematica adesso corretta). La stessa cosa si può dire di Disney+ che dall’account per bambini non permette di vedere “Maleficent – Regina del male” o “Splash – una sirena a Manhattan” (nonostante il sedere di Daryl Hannah – che si intravede in un paio di scene – sia stato addirittura censurato) o “Le cronache di Narnia”. Questo metodo di classificazione è sempre più obsoleto e si rende sempre più necessario implementare un metodo nuovo, magari descrittivo, che indichi in modo più completo che cosa si sta per vedere.

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