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Cinema

The Disciple, dall’India un sogno dal sapore agrodolce

The Disciple, l’ultimo film di Chaitanya Tamhane, offre una regia piatta e mediocre, per una storia spesso poco coinvolgente

Tempo di lettura: 3 minuti

Dal 29 Aprile 2021 è disponibile su Netflix il film indiano The Disciple, prodotto da Alfonso Cuaròn. Presentato al Festival del Cinema di Venezia 2020, si è aggiudicato il premio per la miglior sceneggiatura, oltre che il Premio FIPRESCI. Il regista del film, Chaitanya Tamhane, vi aveva già partecipato nel 2014 con il film Court, presentato nella sezione Orizzonti, grazie al quale aveva guadagnato i primi riconoscimenti. The Disciple non ha avuto l’unanimità di consensi da parte della critica e del pubblico, nonostante la storia sia universale e adattabile a vari contesti. Scelte stilistiche e narrative hanno sicuramente influito sul risultato finale, motivo per il quale il film è mediocre e pecca nel non riuscire a trascinare lo spettatore al suo interno.

Sognare (troppo) in grande

Sharad (Aditya Modak) è un ragazzo che, sin da piccolo, è stato introdotto dal padre al mondo della musica classica indiana. È caparbio, fermamente convinto di raggiungere il suo obiettivo e costruirsi così una carriera musicale da trasformare in vero e proprio lavoro. È, inoltre, insegnante di rag, si esercita notte e giorno per migliorare nel canto e segue il suo mentore in ogni esibizione pubblica per apprendere quanto più possibile. Tuttavia l’incredibile cultura musicale e le numerose esperienze sembrano non bastare, il suo sogno dovrà fare presto i conti con un’amara realtà.

Una scena tratta da The Disciple
Una scena tratta da The Disciple

È ancora appagante essere sognatori?

Il personaggio di Sharad è l’archetipo del sognatore, dell’idealista. Per tutta la vita non smette di credere al suo sogno e vive di questo. Nel momento in cui la sua cultura musicale e la formazione personale in materia non bastano a proclamarlo vincitore di un concorso, entra in crisi. Una crisi esistenziale che tutti abbiamo attraversato almeno una volta nella vita, e che fa nascere domande legittime su quanto talento possediamo per emergere tra la folla. Il cinema non è nuovo ai racconti di formazione, lo sappiamo, quel che è raro è trovare un sognatore scendere a compromessi con l’amara realtà quotidiana. È questo l’unico grande pregio di The Disciple, distinguersi dalla classica storia che culla lo spettatore verso uno scontato lieto fine. È, in fondo, quello che speriamo tutti di raggiungere, ma non sempre ci si riesce.

Trascendere al divino tra passato e presente

L’India unisce la sua tradizione musicale all’idea che sia il miglior strumento per entrare in contatto con le divinità. Il protagonista è sincero, un’anima pura dedita a voler consacrare la sua persona a questi antichi valori. Mumbai, la sua città, è ormai globalizzata, corre per stare al passo col mondo e così dimentica lo scopo per la quale è nata. Sharad vede con i propri occhi la desacralizzazione della musica da lui tanto amata, ridotta ad intrattenimento televisivo e strumento sul quale lucrare. Deprimente, soprattutto se lo sguardo è quello di un sognatore.

Una scena tratta da The Disciple
Una scena tratta da The Disciple

Il mediocre destino di Sharad (e del film)

Noi occidentali associamo l’India a Bollywood, industria madre di un cinema colorato, pieno di musica e storie d’amore spesso stucchevoli. The Disciple, dispiace dirlo, è un tentativo lodevole di aprire le porte ad antiche tradizioni velate da un’affascinante spiritualità che, però, non veicola con i mezzi adeguati. La pecca è da ricercare in scelte narrative e stilistiche che ne appesantiscono la visione, mancando l’obiettivo di coinvolgere il pubblico. Non vi è ritmo, né si prova trasporto emotivo. La regia è piatta e mediocre, paradossalmente accostabile al destino di Sharad. I livelli temporali attraverso il quale è raccontata la storia sono confusionari e poco delineati, rendendola ostica. Alla fine quello che più resterà nella memoria, ahimé, è l’insistente e fastidioso canto monofonico presente nelle due ore, all’apparenza interminabili.


The Disicple
regia
: Chaitanya Tamhane
con: Aditya Modak, Arun Dravid
sceneggiatura: Chaitanya Tamhane
anno: 2020
durata: 128 minuti
trama: Nonostante un talento non proprio cristallino, Sharad coltiva da sempre l’ambizione di sfondare nel mondo della musica classica indiana. Per coronare questo sogno, accompagnando l’insegnate di musica che fu anche di suo padre, egli dovrà tuttavia affrontare diverse difficoltà.

Leggi anche: Zero, da invisibili a protagonisti: la scena è vostra!

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