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Pietro Castellitto in Speravo de morì prima

Recensioni

Speravo de morì prima, analisi di un uomo a cui non sono permesse debolezze e fragilità

La recensione in anteprima dei primi 3 episodi della serie tv evento su Francesco Totti in onda su Sky dal 19 marzo.

Tempo di lettura: 4 minuti

Abbiamo visto in anteprima i primi tre episodi di Speravo de morì prima, serie tv diretta da Luca Ribuoli e tratta dal libro “Un Capitano”, di Paolo Condò in collaborazione con il grande 10 della Roma. Il Francesco Totti uomo, figlio, padre e marito, che racconta la storia della sua vita e della sua carriera: psicologia, analisi di un uomo a cui non sono permesse debolezze e fragilità, sociologia e antropologia, storia contemporanea. E certamente sport, ma non solo calcio. Perché il calcio non è mai soltanto tale.

Il vero e unico peccato? La somiglianza del protagonista Pietro Castellitto più con l’ex giallorosso Alberto Aquilani che con Francesco Totti, che l’attore impersona in maniera del tutto appropriata nella serie Speravo de morì prima (frase che vale per qualsiasi cosa che nella vita si spera di non dover affrontare mai, onore all’autore dell’ormai celebre striscione), da venerdì 19 marzo in onda sulla piattaforma satellitare Sky.

Pietro Castellitto è Francesco Totti in Speravo de morì prima

Per il resto il lavoro del regista Luca Ribuoli, basato sul libro “Un Capitano” scritto da Paolo Condò in collaborazione con Francesco Totti, è un godibilissimo viaggio nella vita di uomo prima e di calciatore poi dello storico capitano della Roma, dai rapporti con la famiglia, con mamma Fiorella (da adulta con il volto di Monica Guerritore, da ragazza con quello di Eugenia Costantini) e papà Enzo (Giorgio Colangeli, sempre bravo, da “vecchio” e Federico Tocci da ragazzo) e la vita con Ilary Blasi (impersonata da Greta Scarano, la Paola Coletti di Smetto quando Voglio, recentemente protagonista in tv con l’ultima puntata de Il commissario Montalbano), l’amicizia con Vito Scala (Massimo De Santis) e con Giancarlo e Angelo (rispettivamente Primo Reggiani e Alessandro Bardani). Apparizioni anche per Paolo Calabresi e Ricky Memphis.

I primi tre episodi

Nei primi tre episodi, che abbiamo avuto modo di vedere in anteprima, la storia della vita di Totti si intreccia con la sua carriera sportiva, tra filmati di Francesco bimbo, ricostruzioni della vita a Porta Metronia, dove quello Gnomo riusciva a battere puntualmente tutti con il pallone tra i piedi, addirittura giocando insieme al Guercio e allo Sciancato. Nei continui flashback tra passato e presente c’è l’infortunio del 2006 e il rapporto in un primo tempo buono con Luciano Spalletti (che Gianmarco Tognazzi rende in maniera perfetta soprattutto nelle sensazioni provocate, rendendo gli atteggiamenti del tecnico toscano ancora più fastidiosi di quelli reali) e poi decisamente tempestoso 10 anni dopo, quando il mister torna a Roma e trova un Totti più maturo, con cui si scontra frequentemente. Qui c’è la prima crisi raccontata nella serie, quella del Re di Roma che si trova alle prese con una città che in un primo momento sembra disconoscerlo, ma che poi lo acclama quando il Capitano si siede in tribuna dopo che Spalletti lo ha messo fuori squadra.

Gianmarco Tognazzi è Luciano Spalletti

Non mancano ovviamente i riferimenti al trionfale Mondiale del 2006 e al rapporto con Marcello Lippi e all’unico scudetto vinto da Totti (davvero bella la scena del ristorante e l’incontro con il frate impersonato da Antonello Fassari), così come non mancano i compagni della Roma dell’epoca, tutti resi anche visivamente in maniera piuttosto verosimile (menzione particolare per De Rossi e Nainggolan). Esilarante e da non perdere l’apparizione di Antonio Cassano (il volto di Gabriel Montesi), vera svolta comica ogni volta che compare, dalle scorribande in discoteca alla permanenza in casa Totti, accolto da mamma Fiorella. Tutto questo unito dal filo conduttore della serie, ossia l’avvicinarsi dell’addio al calcio giocato del Pupone, vissuto, e reso perfettamente, dal Capitano con una legittima angoscia. Perché sì, l’età avanza, ma è giusto smettere “cor botto”.

Perché “Speravo de morì prima

E’ necessario essere romani e romanisti? No, non lo è. Perché Speravo de morì prima è molto più di una storia di calcio. Visto quello che Totti ha rappresentato e ancora rappresenta per la Roma e per la romanità tutta, la serie lascia il sapore di un trattato antropologico, uno spaccato di vita di un ragazzo di una semplicità davvero rara, che si è trovato a rappresentare nel mondo vizi e virtù della Capitale che tanto ama e da cui tanto è amato. Di fatto il lavoro di Luca Ribuoli è una lunga lettera d’amore, al calcio certamente ma non solo. Mettere in luce le crepe di un mondo dorato come quello dei calciatori, in questo caso di uno dei più grandi di sempre, renderlo finalmente umano e, come si dice, “uno di noi”, togliere il velo patinato con cui, spesso loro malgrado, vengono avvolti questi atleti e portarli in una dimensione quotidiana e familiare. Questo il grande merito della serie Sky, che senza dubbio è un tributo al Totti calciatore, ma è anche il racconto del Totti figlio, marito e padre, amico e confidente, “coatto” romano e ragazzo d’animo gentile, il tutto unito in un mix che sembra certamente godibile e ben riuscito.

Menzione d’onore per Pietro Castellitto, che, al netto della scarsa somiglianza, si cimenta in una buona prova d’attore portando in scena espressioni, “slang” e modo di fare di Francesco. Dunque la serie ci è piaciuta, e in alcuni passaggi è stata già emozionante. E’ impossibile non essere partecipi e coinvolti in quella che di fatto è una storia d’amore, tra un ragazzo di Porta Metronia che un giorno è diventato Re di Roma, portando il suo popolo a sperare di morire prima del suo abdicare. Speravo de morì prima è psicologia, analisi di un uomo a cui non sono permesse debolezze e fragilità, sociologia e antropologia, storia contemporanea. E certamente sport, ma non solo calcio. Perché il calcio non è mai soltanto tale.

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