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Anniversari

L’uomo in più, l’inizio dell’universo Sorrentiniano

Il film d’esordio di Paolo Sorrentino, neo cinquantenne: l’epica degli opposti.

Tempo di lettura: 4 minuti

Nella stronza vita può succedere tutto.

Sentirsi incompresi, perennemente inadatti o sempre con i riflettori e gli applausi del pubblico addosso. Puoi cadere preda di un polipo. Ti può mancare l’occorrente per allestire una caipirinha e dover andare avanti a forza di gintonic. Puoi andare a letto alle nove e svegliarti a mezzanotte.

Puoi essere uno stopper e fare un gol in semirovesciata oppure puoi essere un uomo che non perde occasione di mettersi di spalle alla vita. Puoi avere un marito che ti aspetta fuori dal teatro mentre baci il cantante in camerino oppure mettere in discussione tatticamente l’allenatore.

Puoi scoparti una sedicenne nel letto di tua figlia oppure romperti il crociato durante un allenamento. Puoi finire in galera per violenza su una minorenne oppure sotto i ferri per ricostruirti un ginocchio. Puoi aver vinto 2 scudetti e 3 coppe italia, 10 anni fa, oppure puoi avere un figlio piccolo con 38 e mezzo di febbre e andare a festeggiare il primo concerto, come sempre.

Puoi correre come Mennea e non riuscire lo stesso a recuperare la tua posizione a metà campo oppure puoi preparare un’orata migliore di quella di Salvatore a Mare. Puoi riuscire a ricordarti tutta la cocaina che ti sei tirato oppure puoi andare in Olanda a visionare un giocatore.

Andrea Renzi nei panni di Antonio Pisapia, in una scena tratta da L'uomo in più
Andrea Renzi nei panni di Antonio Pisapia, in una scena tratta da L’uomo in più

Puoi svegliarti tardi e non andare al funerale di tuo padre oppure puoi ammettere di non sapere fare un cazzo, se non giocare a pallone. Puoi leggere sui giornali quanto sia diventata apodittica la situazione oppure puoi ritrovarti a cantare ad una festa di piazza in Abruzzo organizzata dal comune.

Puoi farti e continuare a fare troiate su quella fascia nonostante la droga oppure puoi rischiare di diventare pazzo a forza di restare a casa senza fare niente. Puoi trovare sempre qualcuno che ti sbilanci una sigaretta e puoi essere arrivato terzo su quaranta al corso per allenatori a Coverciano.

Puoi sperare di avere un ruolo all’interno dell’organigramma, la prossima stagione e rifiutare di cantare su una nave da crociera per un mese perché ti sei fatto anziano, è una smazzata e poi là fa caldo. Puoi vederti scippare dalla camorra il ristorante che avevi deciso di comprare, dove avresti cantato qualche canzone per gli amici e ti saresti sentito ancora vivo; puoi vederti scippare da un presidente cialtrone il sogno di fare l’allenatore perché il calcio è un gioco e ti considera un uomo fondamentalmente triste.

Puoi avere messo a punto una nuova idea di calcio, un’idea che sembra folle ma solo apparentemente, un’idea che si basa su gioco a zona, difesa alta, tattica del fuorigioco, pressing avanzato, e sopratutto quattro punte che si muovono in verticale, a rombo, col fantastista dietro a portare palla e le tre punte strettissime per le triangolazioni e i fraseggi, in modo da avere un uomo in più in attacco; e puoi lasciare il tuo pubblico con la cosa che hai di più caro, “La notte”.

Potevi essere tu a morire in fondo a quel mare, e potevi andare a fare in culo con Fred Buongusto. Puoi ricordare per sempre quella pioggerellina insistente, continua, che c’è a Londra, e puoi avere rotto i coglioni in un modo in cui non li aveva mai rotti nessuno prima di te.

Toni Servillo nei panni di Toni Pisapia, in una scena tratta da L'uomo in più
Toni Servillo nei panni di Toni Pisapia, in una scena tratta da L’uomo in più

Puoi pensare a quelle quattro mignotte che ti vai scopando tutti i giorni anche mentre il mister sta parlando, e puoi ricordarti tua madre, quando era giovane, e trovarla ancora e per sempre la donna più bella che hai conosciuto nella tua vita. Puoi ucciderti a centrocampo e puoi puoi finire in galera restando un uomo libero.

È un film piccolo L’uomo in più, che non tocca ancora le vette stilistiche e narrative di quel gioiellino cinematografico che è Le conseguenze dell’amore, che da lì in poi saranno la cifra di tutto il cinema sorrentiniano, ma può a buon diritto essere considerato il miglior esordio cinematografico italiano del nuovo millennio. Un film piccolo che ha l’ambizione di parlare di cose grandi, un film sull’affermazione della libertà e sulla sua negazione, su quanto sia semplice e casuale passare dagli altari alla polvere, sulle conseguenze delle proprie azioni e sull’imprevedibilità di un destino che crediamo di poter determinare fino a quando non cadiamo vittime di questa pia illusione.

È quindi l’uomo al centro, l’uomo con la sua fragilità, la sua limitatezza, la sua fallibilità, il suo afflato di libertà, in una lunga dialettica esistenziale che da Toni Pisapia, calciatore/cantante, porta fino a Jep Gambardella, passando per Titta di Girolamo.

È un uomo in più l’uomo sorrentiniano: spesso fuoriposto, solo e solitario, disincantato e romantico, poeticamente mascalzone; timidamente attraversa la vita, tenta di catturarla, e quando crede di poterla acchiappare ecco che gli sfugge fatalmente. E continua così, in questo goffo tentativo di afferrare l’inafferrabile, ogni giorno, senza arrendersi, fino alla fine che non sembra mai una fine definitiva: c’è sempre uno slancio di apertura, come la vista del mare da una cella, che sta lì a ricordarti che la vita, la tua vita, ancora non è finita.

Nella stronza vita può succedere di tutto: puoi essere ossessionato dall’idea di mostrare a tutti quanto tu sia bravo al film d’esordio oppure puoi decidere di nascondere le tue carte per non bruciare troppo presto. Oppure puoi essere Paolo Sorrentino, l’uomo in cui gli estremi si incontrano, si condensano e, armonicamente, convivono.

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