Il cinema italiano non è solo dramma e risate. Il nostro cinema è stato un’eccellenza nel cinema di genere, dal western di Sergio Leone all’horror firmato Argento. Negli ultimi anni vi è stata un’evoluzione e un ritorno ai generi, dal cinecomic Lo chiamavano Jeeg Robot al musical firmato Manetti Bros, che presto porteranno in sala Diabolik. In sala torna anche il thriller firmato Donato Carrisi che, dopo il successo dell’esordio con La ragazza nella nebbia, ci riprova con un altro giallo mozzafiato, L’uomo del labirinto, tratto da un suo romanzo. Oltre a Toni Servillo, già presente nel film precedente, protagonisti del film sono Valentina Bellè, Vinicio Marchionni e la star Dustin Hoffman.
Samantha Andretti si risveglia in una stanza d’ospedale, stordita, con una gamba rotta e un profiler, il Dr. Green, accanto. La ragazza è stata rapita 15 anni prima ed è stata ritrovata due mesi prima in un bosco in stato di shock. Green vuole aiutare Samantha a ricordare l’identità del rapitore, dell’uomo che l’ha tenuta prigioniera e costretta a risolvere labirinti per ottenere ciò che voleva. Nel frattempo il detective Genco, che quindici anni prima aveva rifiutato il caso Andretti, decide di scoprire l’identità del mostro prima che la sua ora scada, vista la sua malattia mortale. Ad aiutarlo il detective Berish, che gestisce l’ufficio bambini scomparsi, da giorni in attesa della sua collega, sparita da qualche giorno dopo aver indagato su un misterioso caso. Tra misteri e rivelazioni, la corsa verso la cattura del mostro si fa sempre più serrata, ma niente è come sembra..
L’opera seconda di un regista è sempre la più complessa, soprattutto quando la prima ha ricevuto grandi consensi da pubblico e critica. Con L’uomo del labirinto Donato Carrisi non sbaglia il colpo e conferma il suo feeling con il thriller non solo su carta stampata ma anche al cinema. A livello tecnico il film convince, per quanto sembri un po’ strana la mancanza di una collocazione spazio-temporale e molti effetti esterni sono sembrati a volte posticci, quasi fumettistiche, soprattutto nelle scene in auto con protagonista Servillo. Il cast nel suo complesso funziona, con un Servillo completamente padrone della scena, per quanto in alcune movenze sia diventato alquanto macchietta, ma sembra in fondo che quasi tutti gli attori abbiano virato verso interpretazioni abbastanza sopra le righe.
In un thriller, però, ciò su cui va posta maggior attenzione è la sceneggiatura, la realizzazione dello script. Come già detto, anche con L’uomo del labirinto Carrisi fa centro, sebbene lasci qualche perplessità rispetto all’esordio. Sicuramente La ragazza nella nebbia aveva ambizioni minori rispetto a questa opera seconda e nel suo andamento è risultato più asciutto e lineare e, come anticipato, il dare una precisa collocazione spazio-temporale ha supportato alcune dinamiche ed incastri del film.
L’uomo del labirinto convince a livello di scrittura, la storia è avvincente e anche ben articolata, ma presenta degli incastri più complessi, causa di alcuni momenti di confusione nella realizzazione e di alcuni momenti di superficialità nella trattazione dei vari piani di lettura della storia. Sicuramente le tematiche affrontate nei due film sono ben diverse: La ragazza nella nebbia celava una visione più critica della società e dell’informazione, mentre L’uomo del labirinto ha più un taglio psicologico, una morale e una riflessione intima dietro la storia che Carrisi porta a nostra conoscenza. Forse alcune di queste cose potrebbero essere alla fine anche un vantaggio per quest’opera seconda, rendendola più congeniale per un eventuale sbarco oltre i nostri confini.
Nonostante alcune sbavature sia tecniche sia nel racconto, si può promuovere questa seconda opera di Carrisi, che sta riuscendo a ritagliarsi un ruolo non indifferente nel panorama cinematografico italiano.
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