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La donna alla finestra

Cinema

La donna alla finestra, uno spento richiamo hitchcockiano

La donna alla finestra, disponibile su Netflix dal 14 maggio, è un prodotto caotico e fragile che sa accattivare lo spettatore per poi deluderlo.

Tempo di lettura: 5 minuti

Vengono da una stagione gloriosa Gary Oldman ed Amy Adams, con i rispettivi Mank ed Elegia Americana, film impegnati e di forte impatto psico-visivo, così come anche Julianne Moore, che in The Glorias (non ancora arrivato in Italia) ha tirato fuori un personaggio particolarmente fedele alla Gloria Steinem degli anni ’90. Non che La donna alla finestra non sia impegnato, affrontando tematiche molto delicate come la depressione, il male di vivere e l’incapacità di voltare pagina, ma è un prodotto umbratile che dopo un hype intrigante perde la sua promettente carica emotiva.

La donna alla finestra

Hitchcock, trampolino di lancio

Che La donna alla finestra sia un film di chiara impronta hitchcockiana, su questo non c’è dubbio. A più riprese, intermittenti e sconnesse, Wright fa riferimento al regista della suspense lasciando intravedere alcuni brevissimi spezzoni di film quali La finestra sul cortile (ovviamente), Il caso Paradine o la psichedelica scena di Io ti salverò firmata da Salvador Dalì. Sono film che Anna utilizza come analgesico per le sue paturnie, tra cui il senso di colpa e l’ansia sociale causata dall’agorafobia, e in fin dei conti si potrebbe anche sorvolare su quanto i richiami siano calcati e ridondanti se il film potesse alzare l’asticella. Inutile dire che, nonostante le buone intenzioni, l’impresa non riesce.

Se a muovere la curiosità di Jeff era la sua temporanea disabilità e la noia che ne derivava quotidianamente, nel caso di Anna essa è figlia di un bisogno primario, ovvero quello di potersi relazionare con gli altri. Nonostante l’agorafobia non le consenta di scendere a fare anche solo due passi in strada, Anna lotta, seppur non del tutto consapevole, con quella piccola ma consistente parte di sé che vuol sentirsi e vedersi guarita. Questo la spinge ad essere attratta da tutti i suoi vicini; non ne spia, ma ne osserva senza malizia le abitudini, lo stile di vita e le attività.

La donna alla finestra

In entrambi i casi, sia nel film di Hitckcock che in questo di Wright la finestra è un ponte invisibile con il mondo, quel punto privilegiato che consente ai protagonisti di creare una connessione, seppur invisibile, con gli altri e di essere non soltanto spettatori, ma anche e soprattutto partecipanti attivi. Mentre La finestra sul cortile si mantiene un po’ più leggero nelle tematiche, investendo completamente nello stato di tensione vissuto dallo spettatore che lo cattura per l’intera durata del film, La donna alla finestra invece è impregnato di forti simbolismi psicologici. Non a caso quello che per noi è un banale e comunissimo elemento architettonico rappresenta per Anna, paradossalmente, un modo per evadere, qualcosa che le consente di spaziare fisicamente pur restando, a causa della sua ansia sociale, ferma in una stanza.

Una sveltezza inappropriata

Arriva l’incidente di percorso: Anna assiste involontariamente all’assassinio della sua vicina Jane Russell, donna energica e un po’ misteriosa, conosciuta qualche giorno prima, poco dopo averne incontrato anche il figlio, un adolescente da subito riconosciuto da Anna come sensibile, problematico ma anche particolarmente sofferente. Il marito di Jane, Alistar Russell, sostiene al contrario che non solo non c’è stato alcun omicidio, ma che addirittura Anna non abbia mai conosciuto sua moglie. La credibilità vira senza battere ciglio su Alistar: Anna è una donna depressa, sotto effetto di psicofarmaci e di alcol, e preda anche di allucinazioni.

La donna alla finestra

La donna alla finestra si avvale di un genere filmico che non stanca mai – il thriller – e di un cast all star, impeccabili nelle loro performance, come ci si aspettava senza dubbio alcuno. Eppure il film si presenta manchevole sotto vari punti di vista, primo fra tutti la non-linearità del racconto, che è caotico, frammentato e che sfiora una sveltezza inappropriata. Nel genere thriller, infatti, le cose avvengono in maniera rapida, non in maniera spedita e sbrigativa. Questo finisce con il confondere lo spettatore, che vive la sensazione che tutto verrà chiuso da un momento all’altro, senza troppe ciance, e così effettivamente sarà.

A chiudere il cerchio dell’insoddisfazione, un finale melenso che sconvolge proprio per la sua disarmante banalità, un happy ending paradossale addirittura, se si pensa alla situazione di partenza. Tirate le somme, La donna alla finestra racconta – accennandole solo – di tematiche importanti, che sanno attecchire molto e meglio nella coscienza quando presentate attraverso il cinema, eppure non si sbilancia, non si fa portavoce di niente, non ha voglia di entrare in connessione con lo spettatore. Un film che a conti fatti verrà ricordato (se verrà ricordato) come un prodotto fine a se stesso.

La donna alla finestra

Lo stralcio onirico del film

La pochezza della storia, pomposa ma fondamentalmente povera di contenuti, spinge Wright a pescare spesso dall’archivio filmico, recente o non che sia. Abbiamo già accennato ad Hitchcock, di cui il film è interamente impregnato, ma è visibile anche un tocco alla Charlie Kaufman, regista di Sto pensando di finirla qui, nella scena in cui Anna ricorda l’inizio del suo punto di non ritorno con un sapiente gioco di fusione tra realtà e memoria, un’attitudine da visionario che Wright aveva già avuto modo di sperimentare, seppur blandamente, nella sua rivisitazione di Anna Karenina in cui la storia si sviluppava parallelamente al cambio estemporaneo di scenografia dal carattere teatrale.

Non c’è poi chissà quanto da condannare, quando alla base c’è la scelta e il desiderio di reinventarsi come regista, provare a navigare in mari sconosciuti. Ma sappiamo che quello che riesce meglio a Wright è l’intramontabile e non privo di valore genere sentimentale.


La donna alla finestra
regia: Joe Wright
con: Amy Adams, Julianne Moore, Gary Oldman, Jennifer Jason Leigh
sceneggiatura: Tracy Letts
anno: 2021
durata: 100 minuti
disponibile su: Netflix dal 14 maggio
trama: Anna Fox, ex psicologa, convive con una la depressione e una forte ansia sociale che le impedisce di uscire di casa. Il rimedio per evadere da questa prigione virtuale cui la sua agorafobia l’ha costretta è osservare dalla finestra i suoi vicini di casa, un modo per sentirsi, seppur invisibilmente, in connessione con loro. Inaspettatamente, assiste all’assassinio di una sua vicina di casa, Jane Russell, che il marito di lei, Alistar Russell, sostiene non l’abbia mai conosciuta. Anna, nonostante la sua poca credibilità – essendo sotto l’effetto dell’Ambien – fa di tutto per dimostrare di non aver avuto un’allucinazione e per scoprire chi sia il responsabile dell’atroce delitto commesso a sangue freddo.


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