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Donald Trump Impeachment

Attualità

Impeachment, consenso e democrazia: la lunga corsa degli Usa verso le Presidenziali

La Camera dei Rappresentati degli Stati Uniti ha approvato due capi d’accusa contro il Presidente Donald Trump, avviando ufficialmente la procedura di impeachment che si concluderà con il voto al Senato. Il Presidente rischia davvero qualcosa, nell’anno elettorale?

Tempo di lettura: 4 minuti

Scommetto che lo pensammo in tanti quella notte dell’8 novembre 2016. Mentre guardavamo alla tv le bandiere blu di Hillary che mestamente venivano tirate giù, mentre giovani elettrici vedevano sfumare il sogno di un presidente donna e non riuscivano a trattenere le lacrime, mentre dall’altra parte si cominciava a festeggiare sguaiatamente la vittoria inaspettata di una candidatura inaspettata, io lo pensai. E, come me, scommetto che lo pensammo in tanti. Niente paura, Donald Trump non completerà il suo mandato presidenziale: presto o tardi un bell’impeachment non glielo toglie nessuno.

Ed eccoci qua, tre anni dopo. Abuso di potere, intralcio alla giustizia. Leggo da più parti che il Presidente ne uscirà rafforzato, che la procedura verrà respinta, che tutto ciò non farà altro che tirare la volata alla sua corsa per la riconferma alla Casa Bianca il prossimo 3 novembre. È ironico come probabilmente tutto ciò sia vero.

Ma allora qual è lo stato delle nostre democrazie se le procedure di controllo democratico, i checks and balances, finiscono per fare il gioco di chi dovrebbe essere controllato e/o sanzionato? Siamo dentro un grande corto circuito democratico? La nostra democrazia occidentale, da più parti lacerata da crisi sempre più profonde di identità e di legittimità, è ad un punto di non ritorno?

Nancy Pelosi

È del resto una vecchia questione, conosciutissima anche da noi qui in Italia. A detta di molti illustri commentatori della politica e di alcuni tra gli stessi adetti ai lavori ad esempio, la sinistra italiana avrebbe dovuto abbandonare una certa propensione all’antiberlusconismo perché questo inevitabilmente faceva il gioco di Berlusconi. Invito simile era rivolto in maniera più sfumata anche alla magistratura, perché tutte quelle inchieste e tutti quei processi avrebbero fatto di lui un martire e fatto accrescere il suo consenso.

Il consenso. L’unico metro di giudizio delle odierne democrazie occidentali. Ma se ragioniamo solo in termini di consenso allora sì, avevano ragioni gli “espertoni” che volevano mitigare l’antiberlusconismo e hanno ragione quanti, non solo negli Usa, pensano che l’ impeachment rafforzi Trump.

Per fortuna la Democrazia segue un senso che il con-senso non segue. Quindi ben venga la procedura di impeachment, a prescindere dal suo esito e a prescindere dalle ricadute in termini di consenso sull’uno o sull’altro dei protagonisti.

Donald Trump

Possiamo però già individuarne i primi effetti politici. Innanzitutto l’approvazione dell’impeachment alla Camera dei Rappresentanti ha ricompattato il Partito Democratico, non ancora del tutto riavutosi dallo shock per la sconfitta di Hillary nel 2016 e nel bel mezzo di una preoccupante carenza di leadership in grado di contrastare efficacemente il Presidente in vista del 2020. Come spesso accade, di fronte alla crisi, agli shock, ci si rifugia nel passato, anche se anacronistico, incuranti del tempo che avanza e del mondo che gira e ti lascia indietro. E allora ecco spiegate per le primarie democratiche le candidature di Joe Biden, 77enne ex vice di Obama, dell’eterno Sanders, 78enne Senatore del Vermont con una lunga esperienza politica alla spalle, o di Warren, 70enne Senatrice del Massachusetts, tanto per citare le candidature più forti attualmente, fino all’ipotesi Bloomberg, 77enne miliardario ex Sindaco di New York. Per paradosso, anche se i rappresentanti democratici hanno compattamente votato alla Camera per l’impeachment, tale argomento fatica a trovare spazio nel dibattito per le primarie e nei comizi tra i candidati, finanche di Biden, probabilmente perché è un tema sul quale c’è una sorta di ampia condivisione nel fronte democratico e quindi che permette poco la differenziazione di un candidato dall’altro.

Il secondo effetto di questo impeachment probabilmente sarà quello, speculare, di compattare un Partito Repubblicano se possibile ancora più in crisi del partito Democratico, sebbene esprima la maggioranza al Senato e, almeno nominalmente, il Presidente. Scalato e svuotato dall’outsider Trump, al partito Repubblicano non resta in questa fase che fare quadrato attorno al Presidente, nell’attesa dell’avvento di un nuovo leader capace di portare il partito nel futuro.

Del resto che i partiti, in quanto associazioni organizzate di persone che hanno l’obiettivo di influenzare il potere, di ottenere il controllo dell’apparato governativo a seguito di elezioni regolari, di semplificare la complessità, di mettere “ordine nel caos” attraverso un processo di strutturazione del voto, di svolgere una importante funzione di socializzazione politica, di reclutare e formare la classe dirigente, di esercitare un controllo sui governi in carica, di concorre alla formazione delle politiche pubbliche, attraversino un periodo di profonda crisi, per usare un eufemismo, è dato acclarato.

Nancy Pelosi
Getty Images

È una onda lunga che viene da lontano, si è diffusa a macchia d’olio, e pare riguardare maggiormente i partiti di sinistra: si veda la quasi estinzione del partito laburista in Gran Bretagna, lo stato comatoso del partito socialista francese, gli affanni del Spd in Germania (mi taccio sul Partito Democratico italiano, per evitare inutili accanimenti).

Crisi nei partiti, crisi dei partiti, crisi nella democrazia, crisi della democrazia.

Trump con ogni probabilità sarà “salvato” dai Repubblicani al Senato (ci vogliono i 2/3 dei Senatori per rimuovere il Presidente) e poi baserà su questo una buona parte della sua campagna elettorale, che mai come nel suo caso è una campagna elettorale permanente, passando al contrattacco. Rimane però la questione di fondo: il Presidente ha esercitato o non ha esercitato pressioni, usando le armi proprie di un Presidente nell’esercizio delle sue funzioni in politica estera, sul presidente ucraino Zelensky, affinché aprisse un’indagine su Biden al fine di danneggiarlo politicamente? La Casa Bianca ha poi cercato di coprire le tracce che proverebbe tale condotta? È probabile che Trump si salvi dall’impeachment, è anche possibile che queste condotte non costituiscano reato; non è questo il punto della controversia. Sono le responsabilità politiche a contare. È su queste responsabilità politiche che  la democrazia in crisi impone sia data una risposta.

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