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Giuseppe Conte

Attualità

Il 2019, l’anno della Grande Distrazione

Il 2019 doveva essere l’anno della svolta e della ripresa economica, a sentire il Presidente del Consiglio. Siamo stati così distratti da non accorgercene o erano gli ennesimi proclami propagandistici di una politica chiacchierona?

Tempo di lettura: 7 minuti

Ci sono tutte le premesse per un bellissimo 2019 e per gli anni a venire. L’Italia ha un programma di ripresa incredibile. C’è tanto entusiasmo e tanta fiducia da parte dei cittadini e c’è tanta determinazione da parte del governo. I rapporti interni alla maggioranza? Andiamo tutti d’accordo; non litighiamo. Noi ci confrontiamo. Non ci sono motivi di divergenza, assolutamente“. Parole e musica del Premier Giuseppe Conte, febbraio 2019. Sono cose che si dicono, non va preso alla lettera penserete voi. Non è poi così grave se in verità la ripresa economica tanto paventata non sia avvenuta, se la scossa all’economia e all’occupazione che avrebbe dovuto procurare l’approvazione di Quota 100 e Reddito di cittadinanza non l’abbia vista nessuno e se la maggioranza che non litiga si sia sciolta al sole d’agosto. No, tutto questo non importa, non va preso alla lettera, sono cose che si dicono. Non è un sintomo delle condizioni del livello del dibattito pubblico e più in generale della nostra democrazia, in cui nessun politico è tenuto a rispondere delle proprie dichiarazioni e delle proprie prese di posizione.

O forse lo è. Già da decenni siamo entrati in una dimensione del dibattito pubblico, dello spazio pubblico, dove non è più importante se una affermazione di un politico, a maggior ragione del Presidente del Consiglio, sia vera o meno, non importa che una previsione economica sia pronunciata a dispetto di tutti gli indicatori economici che chiarivano come l’Italia avrebbe affrontato un 2019 senza alcuna ripresa economia. No, tutto questo non importa e non va preso alla lettera. È, più in generale, l’intero concetto di Accountability ad essere, forse irrimediabilmente e irreversibilmente, in crisi.

La parola chiave dell’anno che si è appena concluso è “Distrazione“. Non starò qui a tratteggiare la solita intemerata contro i social e i pericoli della modernità, mi limito a rilevare gli effetti. La società italiana è una società distratta composta da individui distratti. Si dimentica e si metabolizza tutto, nel lungo e nel breve periodo.

persone

Prendiamo le due misure simbolo del “contratto” di Governo gialloverde, Reddito di Cittadinanza e Quota 100 che sono state varate in questo 2019 bellissimo. La propaganda leghista/cinquestelle durante la campagna elettorale 2018 e ancora durante i mesi che hanno preceduto l’approvazione delle due misure poneva l’accento su argomenti poco economici ma molto emotivi: il combinato disposto di Reddito e Quota 100 avrebbe favorito la ripresa del lavoro giovanile, addirittura con un rapporto di 3 giovani assunti a fronte di 1 pensionato che lasciava il lavoro; la lotta (il Ministro Di Maio arrivò ad annunciarne l’abolizione) alla povertà. Possiamo oggi dire, senza timore di essere smentiti, che le due misure rappresentano un autentico fiasco. Innanzitutto un numero inferiore di domande pervenute, sia per l’una che per l’altra misura, il che può anche essere visto in ottica positiva dal momento che si traduce in un minor esborso per le casse delle Stato (sebbene sia negativa la speculare mancanza di liquidità attesa nell’economia reale con le conseguenti ricadute sui consumi e sul Pil). Per quanto riguarda il Reddito di cittadinanza, poi, per mesi era stato fatto passare (volutamente) il messaggio che chiunque ne avesse fatto richiesta e avuto diritto, avrebbe percepito un assegno di 780 euro (non che l’importo complessivo non può superare i 780 euro a seconda del reddito familiare). I dati smentiscono anche questo, visto che l’importo medio dell’assegno mensile si aggira sui 482 euro.

No, la realtà ha fatto cadere il velo di Maya della propaganda. Reddito di cittadinanza e Quota 100 erano due provvedimenti elettorali, insostenibili per le casse dello stato tant’è che sono stati finanziati in deficit, che servivano e sono serviti ad assicurare la vittoria del M5S al sud, dove infatti abbiamo avuto il picco di richieste di RdC, e della Lega al centro-nord, il cui tessuto produttivo non aveva mai digerito la Legge Fornero.

Ma eravamo distratti; siamo distratti e non ce ne siamo accorti.

Salvini Conte Di Maio

Eravamo distratti ad acquistare le mimose quando la mattina dell’8marzo Paolo Savona, il ministro per la cui nomina si erano fatte le barricate al momento di istituire il Governo, l’uomo senza il quale pareva non essere possibile concepire il Governo, l’uomo che ad un certo punto pareva consustanziale al Governo stesso, si è dimesso dalla sua carica dopo la sua nomina alla presidenza della Consob nei giorni precedenti. Così, normalmente, senza disturbare.

Eravamo troppo distratti a seguire l’avvincente dibattito sulla nuova Via della Seta quando il Senato ha negato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini che era accusato di sequestro di persona per il caso della Nave Diciotti.

Eravamo troppo distratti in vista delle Elezioni Europee di maggio (è lo scontro tra fazioni che ci piace, la politica come tifo da stadio) quando il Senato ha approvato in maniera definitiva la nuova legge sulla legittima difesa voluta dal Ministro dell’Interno.

Cosi come eravamo troppo distratti quando, appena un anno dopo la disfatta elettorale e senza il ben che minimo straccio di un dibattito congressuale serio, da un lato programmatico e dall’altro analitico sulla sconfitta del 2018, Nicola Zingaretti ha vinto le primarie del Pd, ottenendo la segreteria di un partito i cui gruppi parlamentari continuano, per larga parte, a rispondere al segretario precedente, almeno fino a quando quest’ultimo ha deciso di restare nel partito, e che, comunque, in ogni caso sono stati da quest’ultimo selezionati.

Nicola Zingaretti

Eravamo troppo distratti per capire che la resa dei conti all’interno della maggioranza di Governo sarebbe arrivata presto a seguito delle elezioni più scontate degli ultimi anni, per quello che riguarda il dato italiano, uno dei pochi paesi in cui si è vista l’affermazione della cosiddetta coalizione sovranista alle elezioni europee di maggio, che è comunque minoranza nel parlamento europeo.

Eravamo troppo distratti a ridere sulle immagini del Papeete, a indignarci, ad accrescere il nostro ego pensando di essere antropologicamente diversi da lui, quando Matteo Salvini decide di far cadere il Governo dando sfoggio di una totale mancanza di acume politico e tattica parlamentare, nella misura in cui aveva l’obiettivo di ottenere le elezioni anticipate; o viceversa una assoluta dimostrazione di cinismo politico nella misura in cui ha consapevolmente deciso di non sobbarcarsi più l’onere del Governo, preferendo il più elettoralmente remunerativo, nel medio periodo, rifugio in una opposizione irresponsabile, nel senso letterale del termine, di cui nessuno gli chiederà mai la serietà, la responsabilità delle proposte avanzate e delle affermazioni pronunciate.

È ironico: la teoria della democrazia vorrebbe che i partiti concorressero per ottenere in libere elezioni democratiche la maggioranza parlamentare al fine di esprimere una formzazione di governo. Da noi invece c’è una corsa a stare all’opposizione, perchè è irresponsabile nel senso letterale del termine, non comporta cioè alcuna responsabilità. Prima o poi dovremo fare i conti anche con questo.

Eravamo troppo distratti a gioire, a godere ingiustificatamente del fatto che Salvini non era più al Governo quando in pochi giorni il M5S e il Pd, dopo aver affermato che mai e poi mai avrebbero governato insieme e dopo scontri anche durissimi (non da ultimo sul c.d. “caso Bibbiano”), hanno deciso di dar vita a un nuovo Governo guidato ancora una volta da quel Giuseppe Conte, emblema dell’italiano medio buono per tutto le stagioni.

Di Maio Zingaretti

Eravamo distratti quando Matteo Renzi, il cui cambio di strategia rispetto al marzo 2018 aveva consentito in agosto di far nascere Governo Conte II, impegnando il Pd ad un accordo con il M5s, una mattina di metà settembre ha lasciato il partito di cui è stato due volte segretario e ha dato vita all’ennesimo nanetto (cfr Giovanni Sartori) dal nome nient’affatto populista, Italia Viva. Il delitto perfetto: prima porta il partito dentro un governo che nessuno avrebbe voluto, lui per primo, e poi lo molla, per avere le mani libere e cercare di tenere l’esecutivo in ostaggio fino a quando ne avrà convenienza politica. Lui che avrebbe dovuto lasciare la politica 3 anni fa…

Eravamo forse un po’ meno distratti quando il Parlamento ha approvato in maniera definitiva la riduzione del numero dei parlamentari. Anni di propaganda populista da quattro soldi hanno permesso ai nostri radar anestetizzati di intercettare almeno quella che viene sbandierata come una riforma epocale, come se la qualità dell’azione politica dipendesse dal numero delle persone che in Parlamento e non dal processo di selezione. Molto probabilmente presto ci sarà un referendum costituzionale, se non saremo troppo distratti per accorgercene.

Fioramonti

L’anno della grande distrazione si chiude con le dimissioni del ministro dell’Istruzione Fioramonti, che forse era distratto durante gli ultimi mesi in cui si preparava la manovra economica e si è improvvisamente accorto a Natale che non sarebbero stati stanziati i 3 miliardi richiesti per l’istruzione.

Mi sento più confortevole in questo esecutivo, avverto più consonanza. […]Io trasformista? Poco fa con il mio staff abbiamo raccolto tutti i discorsi, anche programmatici, ne ho fatti tantissimi in tutte le sedi europee, internazionali e interne, che ho fatto nell’esecutivo Conte I; li abbiamo rivisti: se li dovessi pubblicare non dovrei cambiar nulla. […] Il 2020 io credo che miglioreremo i conti, anche perchè le previsioni per quanto riguarda la crescita sono… Quella battuta (il 2019 sarà un anno bellissimo, ndr) è nata perchè c’era un giornalista alle calcagna, e mi diceva un pessimismo, mi sono girato e ho detto Un anno Bellissimo!”. Ipse dixit Giuseppe Conte a di Martedi, 17 dicembre 2019.

Ma il pubblico, distratto, appaudì.

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