Forse il nome Business Competence non vi dice niente. Si tratta di una software house di Cassina de Pecchi (Milano) che, tra le altre cose, sviluppa app per smartphone. Nell’ottobre del 2012 gli sviluppatori di Business Competence rilasciano sul mercato Faround, un app in grado di consigliare ai propri utenti, ad esempio, qual è il ristorante più vicino che ha nel menù il piatto preferito oppure il pub dov’è possibile trovare un determinato tipo di birra.
Passano pochi mesi e Facebook invita gli iscritti al social media a scaricare l’app “Nearby Places”. Le funzioni, secondo Business Competence, sono identiche a quelle di Faround. Uguale il format, uguale il concept. L’unica differenza è l’aspetto grafico.
L’azienda milanese decide così deciso di portare in tribunale il colosso di Menlo Park. Sia in primo grado che in appello i giudici hanno dato ragione a Business Competence e condannato Facebook. Nella sentenza si parla di “appropriazione parassitaria di investimenti altrui per la creazione di un’opera dotata di rilevante valore economico.”
Come risultato Facebook deve ora risarcire con 350mila la Business Competence, secondo quanto stabilito dalla sezione del Tribunale di Milano specializzata in impresa. Inoltre, Facebook è tenuta a pagare 90mila euro di spese legali alla società della provincia di Milano e il rimborso dei consulenti tecnici della stessa.
Non ci allontaniamo più di tanto a dire che per Facebook una multa simile equivale all’acquisto di un pacchetto di noccioline per un comune mortale. Dal punto di vista etico, però, questa condanna rappresenta un’ulteriore conferma di quanto l’azienda di Mark Zuckerberg tenti sovente a saccheggiare idee altrui invece di progettare un qualcosa di completamente nuovo.
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