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Danny Boyle

Cinema

Cos’è successo a Danny Boyle?

Un confronto tra lo stile di regia di Trainspotting e quello di Yesterday: primo e ultimo film di Danny Boyle.

Tempo di lettura: 3 minuti

Danny Boyle, regista inglese vincitore di un Oscar per The millionaire (2009) divenne famoso a metà degli anni ‘90 prima nel circuito dei cinefili grazie a Piccoli omicidi tra amici e poi al pubblico generalista con il famosissimo Trainspotting, film che ha segnato una generazione e uno dei film inglesi più famosi degli anni ‘90.

Dopo aver girato praticamente qualsiasi genere di film – dall’horror di 28 giorni dopo, al thriller di In trance al biopic di Steve Jobs – è approdato alla commedia musicale nel 2019 con Yesterday.

Per una serie di (s)fortunate coincidenze mi è capitato di (ri)vedere a pochi giorni di distanza sia Yesterday che Trainspotting e la domanda è sorta spontanea: cos’è successo a Danny Boyle?

Trainspotting

Trainspotting

Rivedere Trainspotting, ancora oggi, quasi un quarto di secolo dopo la sua uscita, è un’esperienza: inventivo, intelligente, pieno zeppo di trovate visive. Non si tratta solo della scena della crisi d’astinenza dove un regista può dare sfogo all’estro creativo, ma di una caratteristica di tutto il film. C’è una ricerca visiva e quasi grafica di fondo in ogni inquadratura di Trainspotting: c’è una ricerca e valorizzazione dei colori e Boyle piazza la macchina da presa in tutte le posizioni possibili, tranne quelle in cui te la aspetteresti e, dettaglio non trascurabile, questa è una decisione programmatica perché non avviene quando i ragazzi sono strafatti di eroina o alcol o qualche altra sostanza psicotropa, ma sempre, in tutto il film. Senza contare l’uso quasi spericolato della musica: quasi sempre contemporanea, spesso eccessiva, quasi essa stessa drogata delle stesse sostanze che si fanno in vena i protagonisti.

Yesterday

Ventitré anni dopo Trainspotting esce Yesterday e si fa fatica a credere che il regista sia lo stesso: tutta l’inventiva estetica di Boyle si dev’essere persa lungo il cammino perché il film sulla musica dei Beatles è quanto di più anonimo, dal punto di vista della regia, ci possa essere. La macchina da presa è sempre piazzata esattamente dove direbbero i manuali di cinema, la palette dei colori è quanto di più tradizionale ci possa essere e la musica… beh, d’accordo, la musica è eccezionale perché è quella dei fab four ma anche qui l’inventiva manca del tutto: se si eccettua la performance di Help! che diventa un chiaro un grido d’aiuto, il resto è usata in modo più che tradizionale senza avere quella funzione trascinante che appunto aveva in Trainspotting.

E’ difficile dire quando Boyle si sia trasformato da regista innovativo e pieno di idee visuali in quanto di più tradizionale ci possa essere: forse è stato il suo trasferimento ad Hollywood (avvenuto subito dopo il successo di Trainspotting) o forse è stato l’Oscar vinto ad imborghesirlo e a farlo puntare su una regia più pulita e meno spregiudicata. O forse, è semplicemente l’età ad aver trasformato lo stile del regista inglese. 

Rimane il fatto che pur rimanendo sempre un regista solido, Boyle ha da tempo perso quel tocco che aveva trasformato Trainspotting da film banale su un gruppo di adolescenti drogati a film culto e che ha trasformato l’idea geniale dietro Yesterday in una normale commedia musicale.

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