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Assassin's Creed

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Assassin’s Creed: come il celebre videogioco ha saccheggiato la storia e la letteratura

Analisi della trama del primo videogioco del brand Assassin’s Creed e i suoi legami con alcuni libri.

Tempo di lettura: 5 minuti

Per amore di chi non ha mai giocato il primo Assassin’s Creed – cosa alquanto improbabile ma non impossibile – cercherò di limitare le citazioni alla prima parte della trama del videogioco, così da non sciupare l’esperienza offerta dalla casa produttrice Ubisoft.

Piccolo riassunto della parte iniziale. Noi interpretiamo Desmund Miles, un barista, che è stato rapito dall’Abstergo, una società farmaceutica che conduce strani esperimenti. Veniamo accolti da Lucy Stillman e Warren Vidic, due scienziati, la prima subordinata al secondo. Siamo invitati, ma non troppo, a distendersi su di un lettino facente parte di una macchina chiamata Animus la quale, ci viene spiegato, può farci rivivere ricordi dei nostri antenati, con l’obiettivo di individuare in Desmund una reminiscenza particolare, non riuscendoci nell’immediato, allora decidono di far partire l’esperienza da un ricordo più lontano. In questo modo inizia la seconda linea narrativa, quella dell’antenato di Desmund, ossia Altair il quale è un assassino ai servigi di Al Mualim nel villaggio fortificato di Masyaf.

Pochi sanno che le vicende che si svolgono in questo primo capitolo del brand sono state riprese dal libro Alamut di Vladimir Bartol, pubblicato nel 1938. Ma ancora meno, potrebbero sapere che una delle fonti del libro e quindi del videogioco, in realtà, venga dal Milione di Marco Polo. Il capitolo si risolve in poco più di due pagine, ma tanto basta a dare il via a ciò che oggi vediamo su schermo. Esso s’intitola XXXI Il Vecchio della montagna, di come si fece un paradiso, e dei suoi assassini, in sostanza narra la storia di questa persona anziana e saggia che si era insediato su di un monte fortificato nel quale aveva fatto costruire separatamente un giardino splendido ed un harem. Il Vecchio reclutava ragazzi di circa dodici anni, sani e robusti, per poi renderli assassini attraverso un ricatto davvero terribile e potente: dopo aver accolto i novizi nella fortezza, li drogava, facendoli bere una sostanza a base di oppio che li addormentava per circa tre giorni, li risvegliava nel giardino con le fanciulle, circondato da ricchezza e abbondanza. Successivamente, drogava una seconda volta i prescelti, facendoli tornare alla sua fortezza e offrendo loro delle missioni. Dopo questa procedura i ragazzi avrebbero fatto qualsiasi cosa, anche uccidere, pur di tornare in quel giardino, che a detta sia di Polo, sia di Bartol dovrebbe raffigurare il Paradiso islamico.

Assassin's Creed

Piccola riflessione sul senso generale dell’opera di Bartol. Dopo gli avvenimenti terroristici dell’11 settembre lo scrittore di Alamut è tornato in auge poiché le tematiche fondamentaliste a sfondo musulmano sono integrate nella narrazione. Se da una parte non si può non notare l’incredibile studio e documentazione riguardo le correnti religiose che si ispirano al Corano, non posso non fare una constatazione di stampo storico: Bartol era sloveno di Trieste quando ancora era amministrata dall’impero austro-ungarico, e ha visto nascere sia il fascismo, sia il nazismo. Nel libro non vi è un riferimento esplicito di contestazione poiché è stato pubblicato nel 1938, la censura era all’ordine del giorno, ma credo che sotto il piano meramente narrativo si trovi la vera ragione d’essere del libro: la religione e i dogmi impartiti dal Seyduna, il capo spirituale della fortezza, sono solo strumentali a far notare cosa significa vivere in un sistema dittatoriale, estremamente controllato, e quali misure adottano coloro che detengono il potere decisionale per sottomettere i propri sudditi. Ogni minimo sospetto di eresia porta alla fustigazione, basti pensare alla prima volta che il protagonista vede punire atrocemente un novizio perché “ha parlato troppo liberamente di donne”. Parallelamente si potrebbe parlare delle donne tedesche rasate per “contaminazione razziale”.

Tornando a noi, insomma, Ubisoft ha cercato una via più politically correct per il suo Altair, saltando il noviziato e facendo iniziare la storia già a carriera fatta. Ma le somiglianze sono ancora più vicine di quanto si possa credere: dopo un intermezzo iniziale dove Altair, assieme ad altri due assassini, in sostanza fallisce una missione, non recuperando un tesoro e non uccidendo un templare, Roberto di Sable, torna alla fortezza attirandosi il nemico dietro. A questo punto Al Mualim, il Vecchio della montagna tradotto nel videogioco, mostra la sua forza facendo vedere ai templari la fedeltà e la potenza del suo esercito ordinando a tre assassini, tra cui il nostro protagonista, di saltare da una torre verso un baratro. Nasce così il “salto della fede”! Adesso, però, Polo ci spiega perché: oltre al fatto di intimidire, questi assassini eseguivano l’ordine volentieri e di buon grado poiché se morissero, avrebbero il loro Paradiso, e se riuscissero a sopravvivere, sarebbero tornati artificialmente nel giardino del Vecchio.

Fino a qui si è parlato del Milione e di Alamut, ma esiste un altro libro che è legato alla saga: Prima di Adamo di Jack London. La cosa fantastica di questa relazione a distanza è che riguarda il funzionamento dell’Animus, ossia della macchina, un proiettore 3D, che permette a Desmund Miles di rivivere i ricordi dei suoi antenati. Quando il dottor Warren ci spiega il funzionamento dell’Animus dice: “…se le dicessi” sta parlando a Desmund “che il corpo umano ospita, non solo la memoria dell’individuo, ma anche quella dei suoi antenati?”. Questa teoria non è inventata, si chiama eredità epigenetica transgenerazionale e studia le mutazioni nel genoma che si ereditano indipendentemente dalle alterazioni del DNA. Forse con un esempio è più chiaro; se insegnassimo ad una cavia ad avere paura di un odore specifico, allora suo figlio avrebbe paura di quell’odore senza addestramento. La nascita, o perlomeno, il conio terminologico di questa branca scientifica, si deve a Conrad Hal Waddington che nel 1942 ne dette una prima definizione. Il fatto esilarante è che London scrisse il suo romanzo nel 1908.

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Il libro di London s’incentra su di un personaggio che fa dei sogni particolarmente stravaganti: il soggetto immagina di rivivere le vicende di un suo avo preistorico. Nella prima parte del romanzo London cerca anche di dare una spiegazione razionale, attraverso l’analista del protagonista, a questo fenomeno: “si tratta di una memoria ancestrale risalente ai nostri remoti antenati che vivevano sugli alberi”. Questa memoria è più o meno sviluppata in ognuno di noi, ma nel protagonista si manifesta ogni volta che dorme sottoforma di sogni confusi e, nel romanzo, cerca di trarne una storia lineare sebbene abbia solo brandelli sparsi cronologicamente. Quindi secondo questa logica, quando noi produciamo sogni riguardanti cadute in realtà stiamo recuperando ricordi della paura di cadere dagli alberi e lo shock ha prodotto una paura rimasta poi nel genoma. “Questi cambiamenti molecolari venivano trasmessi alle cellule cerebrali della progenie, diventando in breve ricordi ereditari”, come ci spiega London. Sostanzialmente, tutti i giorni, viviamo in uno stato doppia personalità, una passiva mossa dal genoma e una attiva dell’uomo nel presente. Cosa sono queste idee se non il primo passo verso l’Animus?

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