Napoli, anni 70. Peppino Lo Cicero (Servillo) è un camorrista “in pensione”. Quando il figlio Nino, che ha seguito le orme paterne viene assassinato, Peppino decide di vendicarlo scatenando una guerra dagli esiti imprevedibili. Ad aiutarlo nel suo scopo l’ amico di sempre Totò O’ Macellaio (Buccirosso) e l’eterna fidanzata Rita (Golino).
Ci sono tanti generi dentro questo 5 è il numero perfetto: c’è il gangster movie, c’è un rimando allo splatter, c’è il melodramma sentimentale, c’è la sceneggiata napoletana. Igort, nella triplice veste di autore, sceneggiatore e regista, mescola i generi, gioca con la macchina da presa, si diverte. Vorrebbe anche far divertire il suo pubblico, e per questo si affida a un cast di primissimo livello, che costituisce la principale attrattiva del film.

La recitazione di Toni Servillo è come sempre di alto livello, sembra ormai avere il “pilota automatico”: Peppino Lo Cicero è un killer, spara bene e molto, ama le armi e ama suo figlio, cui ha impartito una sua personalissima educazione, fatta di valori criminali filtrati attraverso la sua tagliente ironia. Servillo però è attore di alto (e altro) livello e vederlo barcamenarsi tra sparatorie improbabili, in una Napoli dark, piovosa e criminale, finisce per conferire poca credibilità al personaggio. Non a caso infatti le scene più godibili del film sono quelle in cui Servillo torna a vestire i suoi panni, quando con la solita voce fuori campo guida lo spettatore tra i meandri della pellicola, quando dà finalmente spiegazione del significato del titolo 5 è il numero perfetto (“Due più due…più uno…cinque, cinque è il numero perfetto!” alludendo alla somma dei suoi arti e della sua testa, al suo corpo come sua unica e vera casa) e nei sempre gustosi scambi di battute ormai consolidati con Buccirosso.
Tanti generi insieme, si diceva, ma anche tanti temi insieme, spesso non approfonditi a dovere: il rapporto padre/figlio, l’etica criminale, la redenzione, la seconda chance, sono tutti temi presenti ma purtroppo solo abbozzati, sembra piuttosto che facciano da sfondo alle sparatorie.

In questo senso, del personaggio di Valeria Golino, compagna del protagonista, non si comprende il motivo dell’esistenza, in quanto non è in alcun modo funzionale alla storia o allo sviluppo dei personaggi, non contribuisce a dare avvio alla vicenda, sbuca improvvisamente dal nulla, non è partecipe del processo di redenzione di Peppino, ma si limita a sparare qualche revolverata qua e là verso la fine del film.
Il colpo di scena finale, che naturalmente qui è giusto non svelare, sembra arrivare quasi a film concluso, in una fase in cui la spinta propulsiva degli eventi si era ormai quietata dopo il tanto sparare, e finisce quindi di apparire quasi superfluo, tanto che il narratore fuori campo ritiene opportuno operare un vero e proprio spiegone, a scanso di equivoci.
Non è mai facile trasporre sul grande schermo un’opera pensata per un altro mondo, quello delle graphic novel e in questo senso il film sembra pagarne lo scotto. Tentativo non del tutto riuscito, ma valeva la pena provarci: in fondo è un film diverso, e già questo nell’attuale panorama cinematografico italiano non è cosa da poco.
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ALESSANDRA GADLER
30 Agosto 2019 at 21:26
Trovo questo commento del film molto ben fatto e mi ha incuriosito molto. Andrò a vederlo. Mi auguro di leggere altri commenti di questo critico cinematografico.
Giuseppe Buscemi
31 Agosto 2019 at 18:14
Perfetta descrizione del film.Condivido pienamente il giudizio su Servillo e la sua magistrale interpretazione.Giudizio ottimo.